aggiornamenti da Rosarno
INTERVENTO IN CORSO D'OPERA A ROSARNO
Come rete nazionale “Campagne in Lotta” dopo l'intervento della scorsa estate al Grand Ghetto di Foggia all'interno della campo di lavoro “Io Ci Sto”, siamo ora a Rosarno (Piana di Gioia Tauro), in Calabria. Con l'obiettivo di supportare le associazioni locali anch'esse parte della rete, Equosud ed Africalabria, che da tempo lavorano sul territorio cercando di tenere insieme le istanze dei lavoratori stagionali italiani e stranieri– rispetto alle condizioni di vita e di lavoro – e quelle dei piccoli produttori che hanno scelto percorsi alternativi alla grande distribuzione organizzata.
In particolare è interessante osservare come queste due organizzazioni, oltre a rappresentare concretamente un modello virtuoso di lavoro agricolo (sia per la qualità dei prodotti , che per le condizioni di lavoro dei braccianti e dei produttori), offrono anche un buon esempio nel dialogo tra lavoratori autoctoni e non. Inoltre questa compresenza si è dimostrata di grande importanza ed utilità anche nella costruzione dell'intervento sul territorio, ovvero all'interno della tendopoli.
Infatti, le attività che caratterizzano l'intervento in corso, a Rosarno e nella Piana, sono il risultato di un percorso decisionale collettivo, nato dal prezioso confronto con i membri di Africalabria, che in quanto braccianti (italiani e non) e spesso abitanti stanziali del territorio in questione (senza dimenticare che alcuni di loro vivono nella tendopoli), sono quotidiani conoscitori di diversi aspetti, dalle condizioni di lavoro al rapporto con la popolazione locale in generale.
Una parte dell'intervento si svolge all'interno della tendopoli, tra i comuni di Rosarno e San Ferdinando. Dove il contatto con circa un migliaio di lavoratori provenienti dall'Africa sub-sahariana è quotidiano e si articola in diversi modi.
Dal corso di italiano (diviso in due livelli, uno base ed uno avanzato), che sicuramente rappresenta uno dei momenti cruciali, sia per alimentare una conoscenza reciproca, ma soprattutto per trovare un luogo ed un momento in cui parlare liberamente di condizioni di vita e di lavoro, con il pretesto della lezione di italiano. A momenti più legati all'intrattenimento, come la proiezione di film e di partite di calcio (come un documentario su Thomas Sankara, o le partite della Coppa d'Africa ora in corso), o la radio, microfono aperto – nel vero senso della parola – a racconti, notizie su i diversi paesi africani, canzoni e musica. Inoltre, per le prossime settimane si stanno costruendo incontri di carattere più informativo e formativo, rispetto alle questioni legali (permesso di soggiorno, conversione, ecc.), lavorative (conteggio giornate, lettura busta paga, assegno di disoccupazione, ecc.) e relative alla sicurezza in bicicletta (giornate di formazione organizzate dalle ciclofficine popolari). Il tutto supportato da volantini multilingue nei quali sono indicati tutti i servizi sanitari, legali e scolastici presenti nella Piana di Gioia Tauro.
Un'altra parte dell'intervento invece avviene fuori dalla tendopoli, in una prospettiva più che altro conoscitiva ed esplorativa rispetto agli altri luoghi, spesso ancora più fatiscenti, dove vivono i lavoratori stranieri, considerando quindi anche coloro che provengono dall'Europa centro-orientale (Bulgaria, Moldavia, Romania, Ucraina, ecc.). Questi spostamenti permettono non solo di conoscere meglio il territorio della Piana in termini di presenze e distribuzione della forza lavoro, ma anche, e soprattutto, di entrare in contatto con altri lavoratori, con i quali si possono condividere non solo le storie di vita, ma anche le possibili e future pratiche di lotta.
Ad oggi dunque l'intervento nel difficile territorio calabrese è cominciato, e nonostante le enormi difficoltà endemiche e diffuse che descrivono la Piana di Gioia Tauro (il sistema economico-produttivo, l'inserimento occupazionale, i servizi scolastici e sanitari, ecc.), allo stesso tempo risultano subito evidenti le grandi potenzialità politiche, sociali ed umane che possono nascere ed organizzarsi attraverso una presenza ed un confronto quotidiano e diretto con i lavoratori – nella fattispecie immigrati braccianti stagionali – che rappresentano l'ultimo grandino di una lunga e consolidata catena di sfruttamento e di ricatto, in Calabria come altrove.
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