FICO (Fabbrica Italiana COntadina) – C’era una volta la campagna…
Gli uomini mangiavano ciò che essi non avevano coltivato,
più nessuno vincolo li legava al proprio cibo
la terra si apriva sotto il ferro e sotto il ferro gradatamente inaridiva:
nessuno c’era più ad amarla o a odiarla.
Nessuno più la supplicava o malediceva.
J. Steinbeck, Furore, 1939
C’era una volta la campagna.
Nella campagna ci vivevano i contadini e le contadine.
Era una vita dura, povera, a volte forse anche felice.
Era dura soprattutto perché la terra non era quasi mai di chi la lavorava.
Poi sono arrivate due guerre. Poi sono arrivate le sirene delle fabbriche.
In molti sono stati ammaliati dal loro canto. E sono morti: di silicosi, di tristezza, di amianto o di appartamento. E in campagna sono rimaste solo le “trattrici”.
E la campagna si è trasformata in una fabbrica. Una Fabbrica Omologata a Cielo Aperto.
Bisogna fare così e basta. Perché l’ha detto il tecnico, l’associazione, il consorzio, il Mercato. Bisogna fertilizzare, diserbare, avvelenare, produrre, fertilizzare, diserbare, avvelenare, produrre.
Per niente. Per poter continuare a lamentarsi ogni anno del prezzo delle mele troppo basso. Perché è così, l’ha detto il Mercato. L’ha detto la Grande Distribuzione.
Avanti e indietro, avanti e indietro, le trattrici rivoltano la terra per un paesaggio fatto su misura per gli aeroplani.
Si montano e si smontano pezzi dentro i solchi o lungo le file, pezzi destinati a diventare mangime industriale. I contadini, ridotti a “fantocci meccanici” dentro le cabine delle trattrici, non toccano più la terra. Solcano i campi come Grandi Magazzini. Muletti, nastri trasportatori, catene di montaggio. Controllo qualità, pezzatura, velocità, quantità, efficienza.
Barbabietole da zucchero, mais, frumento, medica, patate, barbabietole da zucchero, mais, frumento, medica, patate, barbabietole…Monocolture a rotazione, quando va bene, per ettari ed ettari…
Nel frattempo le città sottovuoto mangiano queste tonnellate di monocolture confezionate in meravigliosi packaging di design. Nel frattempo le città, trasformate in ologrammi di se stesse, abbandonano i propri centri al consumo e alla museificazione. Le periferie, non più campagna, non ancora città, si ingrossano di palazzine e si fanno chiamare new towns. La suburbana, il giardinetto, il posto auto garantito e il gioco è fatto. Le nuove città invisibili.
Nel frattempo il centro si decentra e diventa centro commerciale. Ogni new town ha il suo. C’è n’è per tutti i gusti al centro commerciale, dal frappé bio-vegan alle patatine di Mc Donald.
Nel frattempo il pianeta malato richiede una cura ed ecco il miracolo: “lo sviluppo sostenibile”, “la crescita verde”, “la green economy”, fonti battesimali dentro cui un sistema distruttivo si purifica dal suo peccato originale facendo quotidiani impacchi di coscienza. Produrre e consumare verde per poter continuare a produrre, a consumare e a crescere.
E soprattutto a crescere. Ma lenti. Slow. Quale verde? Quale madre terra?
Così nasce Slow Food, la più intelligente operazione di rilancio del made in Italy agroalimentare, pardon, made in Eataly. E il cibo diventa moda, status symbol, Spettacolo: è l’era dello Show Food.
E ciò che va di moda non può che essere FICO.
FICO: Fabbrica Italiana COntadina.
C’era una volta la campagna. E c’era la città con le sue fabbriche. C’erano una volta il settore primario, l’agricoltura, quello secondario, l’industria e quello terziario, i servizi. Là dove c’era la campagna prima arrivò la fabbrica della campagna poi arrivò FICO, il museo della fabbrica della campagna, una falsa campagna in una falsa città, il primo centro commerciale in cui primario, secondario e terziario trovano un’illusoria e incelofanata sintesi. La Disneyland del cibo, è già stata giustamente definita. Una città fatta di cartone e di illusioni, dove si potrà passeggiare oziosamente di sala in sala ammirando le sue nuove collezioni tra un brunch e un coffee break. Al posto della sala “Rubens” ci sarà la sala “Vigneto”, al posto della sala “Goya” quella “Frumento”. Il melo interpreta se stesso annoiato davanti a una guida come una statua del museo delle cere. Ancora una volta: museificazione, consumo e spettacolo. La Fabbrica Imbalsamata COntadina. La coltivazione stessa perde il suo valore d’uso e diventa conservatorio e spettacolo. Presunte frotte di turisti, annoiati dallo shopping e dai musei dei centri cittadini ormai svuotati di senso, andranno alla ricerca di favole sulla cara vecchia campagna ridotta a simulacro di se stessa e a un “Last Minute Market” a km 0 che trasforma gli avanzi della Grande Distribuzione in radical cibi “slow” e le zucche in carrozze luccicanti.
Lontano, in sordina, senza pubblico e senza visite guidate, le zucche continuano inoperosamente a fare le zucche e alcuni umani continuano a zappare tra le file dei cavoli. Non sono operai di una fabbrica a cielo aperto. Non sono pezzi di una macchina in funzione. Non sono fantocci meccanici. Non sono statue di un museo. Vivono in campi bradi, disordinati, tra sterco ed erbe selvatiche. Ci sono ratti, uccelli e insetti in quantità, ci sono cassette sparpagliate ovunque, ci sono versi sguaiati e odori acri. C’è fango. Non è fico materiale da Expo-sizione. Non è FarmVille, la fattoria virtuale inventata da Facebook. Non c’è sterilizzazione possibile. Ci sono soltanto la fatica e la gioia di maneggiare gli elementi per trasformarli in cibo. E di terra ce n’è tanta da occupare tutti i futuri inservienti del FICO, se soltanto si ripensasse l’agricoltura daccapo, se soltanto la campagna tornasse ad essere campagna e la smettesse di atteggiarsi a fabbrica, se soltanto i contadini tornassero a fare i contadini e la smettessero di fare solamente gli autisti di trattrici. Allora le palazzine si svuoterebbero, le new towns diventerebbero fantasmi di fantasmi, i centri commerciali andrebbero in rovina e verrebbero invasi dalle erbe selvatiche e FICO sarebbe soltanto un brutto ricordo. Così in molti tornerebbero a mangiare ciò che hanno coltivato e non ci sarebbe nessuno scarto da magazzino da riciclare in luccicanti ristoranti natural-chic.
Intanto uno spettro FICO si aggira per Bologna.
Cala il sipario sulla sala Vigneto, cala il sipario sui meli di cera, l’ultimo cameriere Eatalyano si aggira nella periferia buia in attesa di un People Mover qualsiasi che lo riporti alla sua new town. In mano uno vassoio di alluminio con gli avanzi degli scarti a km 0. Di lì a poco si potrà sedere alla sua tavola Ikea per consumare la cena. Non perderà occasione di innaffiarla con un buon vino “Ridato alla Mafia” o con un succo di pera “MuoriVerde”.
una riflessione di Marzia e Mattia (contadin* di Campi Aperti)
https://www.campiaperti.org/2014/04/28/fico-fabbrica-italiana-contadina-cera-una-volta-la-campagna/https://www.campiaperti.org/wp-content/uploads/2011/05/n3-crepe1.jpeghttps://www.campiaperti.org/wp-content/uploads/2011/05/n3-crepe1-300x297.jpegOpinionibio,bologna,fico,mercatoGli uomini mangiavano ciò che essi non avevano coltivato, più nessuno vincolo li legava al proprio cibo la terra si apriva sotto il ferro e sotto il ferro gradatamente inaridiva: nessuno c'era più ad amarla o a odiarla. Nessuno più la supplicava o malediceva. J. Steinbeck, Furore, 1939 C'era una volta la campagna. Nella...cricri ignifugo@insicuri.netAdministratorCampiAperti
faccio il mio esordio su questo blog, commentando qui, sotto questa bellissima riflessione e ponendo un quesito, da persona che s'è appena approciata a questo mondo e che solo da poco segue la situazione (Fico, Eataly, Farinetti, Segre ecc..). Mi domando, perchè accanirsi in tal modo con LastMinuteMarket? certo utilizza scarti della grande distribuzione, e questa grande distribuzione sappiamo che non può esser smantellata da un giorno all'altro, meglio quindi continuare a sprecare piuttosto che appoggiarsi ad una Coop o chi per essa? La mia non vuol essere una polemica anzi, come ho detto mi sono trovato da poco nella discussione e ancora non so bene tutte le ragioni di tutti, voglio solo capire per intanto.
E poi, leggo qui sopra anche qualche frecciata a Slow Food, ma come mai alcuni produttori partecipano sia a Campi Aperti a XM24, Vag61, e partecipano pure al Mercato della Terra di Slow Food? Io non ci vedo nessuna incongruenza personalmente ma se c'è vi prego di illuminarmi.
Torno a ripetere che non vuol essere un post polemico ma solamente informativo…
#remonauta
ciao!
Innanzitutto grazie per aver scritto sul blog di Campi Aperti, per il tuo commento, le tue domande e le tue perplessità!
La riflessione che hai letto, e di cui portiamo personalmente la responsabilità come Marzia e Mattia. vuole anche essere ironica e provocatoria, il suo intento è sollevare il dibattito e quindi il tuo commento giunge molto gradito!
La questione in campo è effettivamente complessa e sfaccettata: si tratta della cosiddetta “green economy”, relativamente nuova branca del sistema economico capitalista nel quale viviamo.
Si tratta anche, nel caso delle nostre riflessioni qui sopra e in altri casi, di una critica radicale ad essa.
Se prendiamo quella parte di cittadine/i che credono ad un sistema economico alternativo ci sono diverse posizioni davanti alla green economy.
Anche dentro all'associazione Campi Aperti si riflettono queste diverse posizioni.
Noi qui ti diciamo la nostra e quindi non scriviamo a nome di Campi Aperti ma a titolo personale. Poi magari se ti andrà di fare un salto ai nostri mercati a Bologna (magari non stai lontano..!), potremmo continuare la discussione dal vivo!
Last Minute Market (LMM) e Slow Food (SF) stanno pienamente all'interno di questo quadro ma non sono gli unici elementi.
Noi, insieme a tante altre persone, da anni ci battiamo contro questo sistema economico ingiusto e lo facciamo non solo con le chiacchiere della nostra riflessione ma con precise scelte di vita che comportano anche fatica (oltrechè gioia!), paura (oltrechè senso di liberazione!) ecc ecc;
Esiste un gruppo di persone (poche ma di più di un tempo) che provano non solo a contestare quello esistente ma anche a pensare e vivere un sistema diverso (anche nel micro): un sistema economico basato sulle relazioni umane e non solo sul denaro; un'agricoltura contadina che non fa uso di veleni e inquinanti perché sa che alla fine (ma anche al principio) quei veleni e inquinanti non pagano perché appestano la terra, il cielo, l'acqua, le persone e ti/ci ritornano indietro con gli interessi; al cibo come elemento primario della vita, che è coltivato da persone per persone e che non può essere solo una merce come le altre negli scaffali di un anonimo supermercato ma è qualcosa di vivo, vivace, vitale che passa da mani a mani, con un rapporto umano.
(Quale è il senso di inquinare la terra, il proprio ambiente di vita? Sarebbe come se cospargessimo di veleni e schifezze le stanze della nostra casa e poi fossimo costretti a viverci. A che pro? Per produrre di più? Per sfamare più gente? Entrambe le cose si sono dimostrate alla lunga non vere. La terra con quel sistema si desertifica e inaridisce. La gente muore di fame più di prima.
Lo si fa per permettere alle aziende dell'agrobusiness di guadagnare di più. Il guadagno, il denaro.
Qui il tema è enorme e ci fermiamo qui ma se ne potrebbero dire moltissimo (OGM sì/no; copyright delle sementi; espropriazione del diritto a trasformare il proprio cibo ecc..).)
Bene. Queste persone che pensano e vivono in prima persona queste cose, da anni concretamente fanno: piccoli mercati contadini dove quello di cui si parla sopra avviene veramente; e poi GAS; e poi comunità contadine reali. E riappropriazioni comunitari di beni comuni.
Ci sono queste persone.
E poi ci sono le organizzazioni: c'è Slow Food; c'è il Last Minute Market; ci sono i grandi marchi dell'agricoltura biologica; c'è il Fico; c'è Eataly; c'è l'Expò di Milano 2015 “Nutrire il pianeta”. Ikea…ecc.
Secondo noi quelle persone e questa ultima lista, non vanno nella stessa direzione.
Quelle persone scelgono e vivono un mutamento anche radicale. Vanno in una direzione contraria e molto ostinata (o almeno ci provano), contestano il sistema, le sue assurdità, i suoi deliri di onnipotenza, la sua ferocia contro terra e persone.
Tutto l'elenco, da SF a Expo, è Sistema, è funzionale a far sì che questo sistema continui tale e quale com'è però ammantandosi di una patina di parole green: sostenibilità ambientale, rispetto della terra e delle persone.
Anche Slow Food. Anche se ci sono persone dentro SF (non certo fra i leaders) che credono veramente e in buona fede che l'organizzazione di cui fanno parte stia facendo qualcosa di veramente alternativo.
A queste persone va il nostro massimo rispetto ma non siamo d'accordo con loro.
Chi ha fondato SF e si pavoneggia nei programmi televisivi, talk show e articoli su grandi quotidiani parlando di “ultimi della terra”, di terra madre, di buono, giusto, pulito, non è in buona fede secondo noi.
SF non ha mai fatto una scelta chiara e netta su di un'agricoltura senza veleni per esempio.
Parlano di terra madre, di madre e poi non interessa se le danno il cianuro??!Matricidio puro!
SF è sostenuta da grandi marchi dell'agroalimentare italiano (come Levoni, Lavazza, Ferrarini, Zonin, Eridania ecc…) che da anni, con le loro aziende, inquinano il territorio contribuendo alla desertificazione, fanno allevamento industriale in lager per animali, producono cibi discutibili quando non malsani e con questo fatturano miliardi : buono, giusto, pulito?!
(per approfondire cfr un articolo scritto da noi e pubblicato da Terra Nuova ma presente anche a questo link http://www.anticorpi.info/search?q=slow+food)
Va bene che niente e nessuno è puro però così è un po' troppo…..
Che dire di LMM? Per noi si tratta semplicemente di una geniale operazione di marketing, di una ghiotta occasione di greenwashing (termine inglese per dire “ripulirsi l'immagine”) offerta alla grande distribuzione.
Un sistema che è basato sulla sovrapproduzione, sullo spreco (perché questi non sono effetti collaterali ma basi del sistema della Gr Distr.); un sistema che per esistere deve strozzare i/le contadini/e, ma anche i propri lavoratori per ottenere sempre più profitto; un sistema che fa del cibo una merce anonima, spesso contraffatta, malsana, piena di additivi e vuota di nutrienti, venduta in anonime corsie.
Ad un sistema così viene offerta l'occasione di dire: “Guardate gente! Alla fine non siamo così cattivi: i nostri scarti li diamo ai poveri e non li buttiamo via!”
Il problema è che il gatto si morde la coda. Quegli scarti esistono per una serie di motivi molto evidenti per chi li vuole vedere: il supersfruttamento e avvelenamento della terra e dell'acqua, lo sfruttamento di manodopera semi-schiava nei campi e precaria e sfruttata nei supermercati.
Quegli scarti e il sistema che li produce creano quegli stessi poveri (qui e ancora di più altrove) a cui poi dare gli scarti e vantarsi di farlo…
Hai capito perché siamo un po' incazzati?! E' di una ipocrisia devastante.
Quello spreco deve essere evidente invece, messo sotto gli occhi di tutti perché tutti possano vedere lo schifo che è. Altrimenti è come mettere un cerottone su una gamba rotta: non serve a nulla, la gamba resta rotta e soprattutto non si vede che è rotta e nessuno sente l'esigenza di fare nulla per ripararla…
Per dirla molto chiara: secondo noi in molti si sono resi conto da anni della potenzialità, dell'efficacia e dell'audience che hanno i discorsi e le pratiche di contestazione del sistema basati sull'evidenza del fallimento del modello capitalista rispetto al benessere reale delle persone.
E allora si è cominciato, ogni iniziativa a proprio modo, a cavalcare questa potenzialità e efficacia: o semplicemente per farci soldi (eataly, fico, grandi marchi agricoltura bio) o per farci carriere sopra (LMM, SF) o per avere potere e visibilità oppure tutte queste cose insieme (expò, per fare un esempio).
Come dire: usare le stesse medesime parole per fare concretamente qualcosa di molto diverso da ciò che si dice.
Tutto questo ovviamente con una potenza di fuoco mediatico e quindi una visibilità incredibilmente superiore a quello che si possono permettere quelle persone che dicono quelle cose ma poi le fanno veramente e quotidianamente, con fatica, boicottaggi ecc ecc.
In Italia chi non conosce SF?Chi non conosce Eataly o Almaverde Bio o Vivi Verde?
In quanti invece conoscono il movimento Genuino clandestino, le associazioni di contadini/e che da anni si sbattono per fare quello che dicono?
Ma d'altronde non sarebbe possibile per questi ultimi avere quella visibilità: i media sono tutti i mano a chi ha il potere. Te lo vedi un sistema di potere che dà voce a chi concretamente e radicalmente lo contesta? Bè dai, la zappa sui piedi non se la dà nessuno.
Dare invece voce ad una contestazione finta o comunque non radicale…quello sì!
Quello fa tanto democratici!! E intanto non cambia né cambierà mai nulla. Le cose verranno solo coperte da una patina buona..un po' come gli sbiancanti ottici, perfette metafore della nostra società. In questo caso sarebbero “rinverdenti ottici”…
Sui produttori/trici che fanno sia i mercati di CA che quelli di SF ti diciamo la nostra opinione sempre come Marzia e Mattia: crediamo che la libertà sia una grande cosa e la responsabilità individuale delle proprie scelte, pure.
Ognuno fa quello che ritiene più giusto e lo fa secondo le sue necessità e bisogni.
Abbiamo sollevato il dibattito dentro CA su questi temi: c'è stato e c'è ancora in parte.
Ogni contadin* ha la sua motivazione per farlo o non farlo. Tutte legittime.
Ti possiamo dire che noi, come ortolani, abbiamo rifiutato di partecipare a un mercato di SF e i motivi li spieghiamo nell'articolo al link che ti abbiamo segnalato.
Dentro CA ci sono tante anime diverse, ognuno sceglie secondo libertà ed è giusto che sia così in una realtà viva e veramente democratica. Che dibatte le sue scelte e faticosamente si confronta.
Buona vita!
Marzia e Mattia
P.S Scusa la lunghezza della risposta…
Innanzi tutto vi ringrazio per la lunghezza della risposta, dato che per un paio di giorni pensavo rimanesse senza replica, sono molto contento d'aver letto un così esauriente punto di vista.
Credo che avrò la possbilità, la fortuna di parlare di questo anche con esponenti opposti al vostro pensiero (e quindi membri di SF, LMM) e sono molto curioso di scoprire cosa verrà fuori, poichè si sono gettate le basi per un felice scambio di battute che potrà proseguire volentieri ad uno dei vostri mercati dei quali sono un frequentatore sin da quando 4 anni fa, ho messo piede per la prima volta in questa città. Purtroppo da allora non mi sono mai interessato così assiduamente al fenomeno fino ad oggi momento nel quale mi sembra doveroso prendere una posizione, ecco perchè ricerco informazioni, idee, punti di vista, che mi possono indirizzare verso un modello di pensiero insomma, ed in questo senso la vostra risposta è proprio quello che speravo di ottenere da un blog del genere.
Ringraziandovi ancora per la disponibilità vi saluto.
Remonauta