Autore: caf

  • 12 aprile Climate Pride

    12 aprile Climate Pride

    Il Climate Pride del 12 aprile lancia una sfida pubblica alla città: l’ormai ex Ippodromo dell’Arcoveggio, dove la concessione dell’attuale gestore scade tra poche settimane, è una grande area che si libera, all’interno di un grande quartiere residenziale ricco di potenzialità e contraddizioni, con un tessuto collettivo che esprime progettualità e proposta sociale. Abbiamo un sogno collettivo possibile: fare dell’ex Ippodromo una grande foresta urbana, un grande common aperto e collettivo dove praticare ecologie urbane.

    La transizione dall’alto ha fallito, e per costruire pratiche ecologiche dal basso, è necessario riaprire una contesa sullo spazio pubblico. Ci vediamo il 12 aprile alle 15:00 al Parco della Montagnola per il Climate Pride di Bologna

  • “Una proposta per Cambiare il Campo”

    “Una proposta per Cambiare il Campo”

    Il 15 e 16 giugno a Roma presso la Città dell’Altra Economia in Largo Dino Frisullo il Collettivo per la Convergenza Agroecologica e Sociale organizza l’incontro “Una proposta per Cambiare il Campo”.
    Dopo la Conferenza sui temi dell’agroecologia e dell’insostenibilità del sistema industriale alimentare dell’1, 2 e 3 marzo 2024, che ha visto la partecipazione di alcune centinaia di persone, il nostro lavoro è proseguito.
    Abbiamo portato avanti una campagna diffusa nei territori contro i nuovi OGM e ci siamo prese questi due mesi per rielaborare le tante riflessioni emerse durante la Conferenza. Abbiamo, allora, preparato una proposta politico-organizzativa, che discuteremo il 15 e 16 giugno a Roma, per consentire al processo di convergenza di diventare operativo ed efficace.

    Convergere significa, per noi, costruire percorsi politici comuni capaci di far emergere una voce collettiva forte e indipendente che porti avanti la battaglia per una radicale trasformazione del sistema alimentare industriale. Lo spazio organizzato, che abbiamo immaginato, avrà dunque il compito di intrecciare diverse esigenze: promuovere alleanze e azioni condivise; costruire una voce comune a supporto delle lotte per l’agroecologia e la sovranità alimentare; rafforzare e favorire la circolazione di cultura, narrazioni e conoscenze agroecologiche; garantire la continuità e l’efficacia dell’azione politica e sociale.

    Per raggiungere questi traguardi crediamo sia fondamentale ripensare e ricostruire la politica come attività democratica, condivisa ed inclusiva che permetta di immaginare e sperimentare modelli sociali, relazionali, economici fondati sull’inscindibile nesso tra giustizia sociale e transizione ecologica. 

    L’agroecologia riguarda, dunque, la biodiversità sociale, pertanto promuovere una convergenza agroecologica significa anche avere cura delle relazioni contro ogni tipo di discriminazione.
    Crediamo, infatti, che non si possa immaginare una radicale trasformazione del sistema alimentare attuale senza mettere in discussione le relazioni di potere che lo supportano e che ne consentono la riproduzione.

    Invitiamo all’incontro “Una proposta per Cambiare il campo” tutte e tutti coloro che vogliono attivarsi in questo percorso di costruzione di convergenza agroecologica e sociale.

    Info e documenti su https://cambiareilcampo.noblogs.org/

    Il Collettivo per la Convergenza Agroecologica e Sociale

  • Manifestazione rimandata – evento annullato

    Manifestazione rimandata – evento annullato

    La manifestazione contro il trapianto di riso OGM in provincia di Pavia prevista per sabato 18 maggio è stata rimandata a data da destinarsi. L’evento previsto per stasera 14 maggio al mercato di via paolo fabbri è stato annullato

  • CONTRO I NUOVI OGM/TEA

    CONTRO I NUOVI OGM/TEA

    MANIFESTAZIONE

    SABATO 18 MAGGIO ORE 14

    CONCENTRAMENTO PRESSO LA PIAZZA DEL COMUNE

    MEZZANA BIGLI (PAVIA)

    CORTEO FINO AL PRIMO CAMPO SPERIMENTALE IN ITALIA DI RISO GENETICAMENTE MODIFICATO

     

    PRESENTAZIONE DELL’INIZIATIVA

    martedì 14 maggio alle ore 18 presso il mercato di Campi Aperti di via Paolo Fabbri

    Interverrà Daniela Conti – biologa esperta in genetica molecolare

    CONVERGENZA AGROECOLOGICA E SOCIALE

    INFO CAMBIAREILCAMPO.ORG

  • Cambiare il campo!

    Cambiare il campo!

    Siamo contadine, attivisti, ricercatrici, abitanti delle città e delle zone rurali.

    Vogliamo promuovere una convergenza agroecologica per costruire e consolidare alternative al sistema agroalimentare industriale insostenibile e dannoso per la salute e l’ambiente.

    Convergere significa per noi ricomporre la frammentazione politica e sociale che attraversa campagne e città con l’obiettivo di promuovere e difendere l’agricoltura contadina, di tutelare i nostri territori e la salute di chi li vive.

    Abbiamo partecipato alla costruzione della manifestazione “Convergere per insorgere” del 22 ottobre 2022 di Bologna convocata dagli operai in mobilitazione della fabbrica GKN di Firenze, consapevoli che il sistema economico-finanziario nel quale “i loro profitti valgono più delle nostre vite” è causa di cambiamento climatico, distruzione dei territori, soppressione dell’agricoltura contadina, sfruttamento di lavoratrici e lavoratori, mancanza di reddito, scomparsa di una prospettiva di vita sana e socialità.

    A partire da aprile 2023, con le nostre diversità ed esperienze, abbiamo creato un percorso collettivo con lo scopo di costruire “Cambiare il campo”, una prima Conferenza Contadina in dialogo con i movimenti sociali ed ecologisti, a Roma nelle giornate del 1, 2 e 3 marzo 2024.

    Un evento che vuole essere un momento di incontro e confronto tra molteplici pratiche e conoscenze che, negli ultimi decenni, si sono sviluppate nei contesti rurali e urbani.

    Il contesto, infatti, è caratterizzato da una grande vivacità sociale e culturale intorno alle questioni del cibo, dell’agricoltura e della sostenibilità.

    Esiste un fitto reticolo di realtà rurali, cooperative, associazioni, esperienze di economia solidale e sindacati che prova a mettere in atto delle alternative concrete al complesso industriale del cibo, contestandone in modo più o meno esplicito la logica di funzionamento.

    A partire dai semi di cambiamento che queste esperienze hanno gettato, sentiamo ora la necessità di costruire un percorso di ricomposizione e organizzazione delle diverse realtà territoriali, esperienze e singoli.

    Serve più che mai una voce collettiva forte e indipendente che porti avanti la battaglia per una radicale trasformazione del sistema alimentare; che metta in discussione le politiche e le narrazioni che sostengono attivamente la mercificazione e l’industrializzazione del cibo; che faccia emergere e rafforzi le alternative basate sull’agroecologia e sulla sovranità alimentare.

    È con questo spirito che invitiamo coloro che si riconoscono in questo bisogno di profondo cambiamento a partecipare all’incontro di Roma del prossimo 1-2-3 marzo 2024.

     Bologna, 15 ottobre 2023

    Collettivo per una Convergenza Agroecologica e Sociale

    Cambiare il Campo!

  • INVITO ALLE TANTE VOCI DEL PATTO DELL’APPENNINO: RIVEDIAMOCI, A BOLOGNA, SABATO 27 MAGGIO.

    INVITO ALLE TANTE VOCI DEL PATTO DELL’APPENNINO: RIVEDIAMOCI, A BOLOGNA, SABATO 27 MAGGIO.

    L’ultima volta che ci siamo incontrat* è stato a fine gennaio, in Bisaboga. Avevamo in mente un percorso verso il Patto dell’Appennino, ovvero verso uno “spazio nel quale continuare a congiungere 17 mesi di assemblea permanente in Gkn, il corteo del 26 marzo a Firenze, le vertenze ecologiste e sociali bolognesi, le reti per la sovranità alimentare,  il movimento studentesco, la lotta contro guerra e contro patriarcato. Non è un perimetro organizzativo ma uno spazio di convergenza, insorgenza, di costruzione di immaginario collettivo e classe dirigente dal basso. E’ dove preparare nuovi “tenetetevi libere e liberi”, ma anche una esplosione di pratiche e discussioni di convergenza”.

     

    Poi, non abbiamo fatto altri incontri, ma non ci siamo certo pers* di vista. Perchè abbiamo attraversato le tante iniziative che hanno animato i crinali montani, ci siamo incrociat* ai mercati contadini e a Genuino Clandestino, ci siamo vist* a GKN durante le giornate campali e il festival della letteratura, abbiamo animato tanti eventi a supporto del crowdfunding per la SOS Insorgiamo e siamo stat* nelle strade di Firenze durante la grande manifestazione dello scorso 26 marzo.

     

    Oggi l’Appennino è devastato, così come lo è la pianura romagnola. E quel legame, costruito in mesi di incroci, lo sentiamo sulla pelle. Così come sentiamo, ancor più forte, il legame tra le tante lotte che attraversano questi territori. Perché le frane di fango e i fiumi di melma hanno reso evidente che le grandi opere dal Corno alle Scale fino al porto di Ravenna, passando per le autostrade e i poli logistici, devastano il nostro futuro, mentre la cura del territorio e la sua messa in sicurezza è l’unica grande opera urgente e necessaria.

     

    Ora che le valli sono ostruite dalle frane e le pianure interrotte dalle inondazioni, contrabbandare altrovi possibili non ci basta più. Vogliamo chiamare per nome e cognome le cause di eventi come quelli che abbiamo vissuto in queste settimane. A partire dai quattro temi che abbiamo individuato in questi mesi – 1) acqua, aria, terra, fuoco; 2) la mobilità è un diritto; 3) fabbricare collettivo; 4) per un nuovo abitare – ci sembra urgente rilanciare l’ambizione di ribaltare i rapporti di forza. Perché non potrà tornare tutto come prima, e non si potrà ricostruire tutto, convergere per insorgere.

     

    CI VEDIAMO SABATO 27 MAGGIO ALLE 16.00 IN PIAZZA MAGGIORE A BOLOGNA PER L’ASSEMBLEA POPOLARE SULL’ALLUVIONE.

     

    LEGGI GLI SPUNTI VERSO IL PATTO DELL’APPENNINO, alla base della discussione dei mesi passati:_link

  • Sainte Soline – appello di solidarietà del Movimento ecologista e contadino italiano

    Sainte Soline – appello di solidarietà del Movimento ecologista e contadino italiano

    Con il presente comunicato affermiamo il nostro pieno sostegno e solidarietà alle associazioni Bassines Non Merci, Les Soulèvements de la Terre e Confédération Paysanne che sono state oggetto di una durissima repressione da parte delle forze di polizia durante la manifestazione di Sainte Soline lo scorso sabato 25 marzo. I nostri pensieri vanno alle persone che si trovano tra la vita e la morte, allə feritə gravi e ai loro cari.

    Condanniamo l’azione di repressione da parte della polizia, la cui violenza è ingiustificabile. Il bilancio ad oggi è durissimo: 200 lə feritə, di cui 40 molto gravi e due persone in pericolo di vita. A difendere il mega bacino idrico sono stati impiegati più di 3200 agenti, che hanno fatto uso di armi, come granate lacrimogene e pallottole flashball LBD 40, proibite nella maggior parte dei paesi europei. Inoltre, come denunciato dalla Lega per i Diritti Umani (LDH) presente in qualità di osservatore indipendente alla manifestazione, la polizia ha ostruito l’accesso alle ambulanze, impedendo l’arrivo dei soccorsi il cui intervento sarebbe risultato cruciale per salvare la vita dei due manifestanti.

    Questo episodio è all’apice del clima di tensione che aleggia in Francia negli ultimi mesi, nel contesto della mobilitazione contro la riforma delle pensioni. La cecità del governo di fronte alle richieste della popolazione, che si tratti di temi sociali o ambientali, e la violenza con cui reprime ogni forma di contestazione, non sono degne di una Democrazia. L’annuncio da parte del Ministro dell’Interno di voler sciogliere i Soulèvements de la Terre dopo la manifestazione del 25 marzo è un segnale gravissimo, a dimostrazione di una progressiva chiusura del dialogo ed un incremento della repressione nei confronti di movimenti ecologisti e sociali in Francia e in molti paesi europei, tra cui l’Italia.

    Infine, ribadiamo il nostro sostegno alla battaglia contadina ed ecologista contro i mega bacini idrici promossa dalle associazioni francesi sopracitate. Come cittadinə, contadinə e attivistə, difendiamo un modello di agricoltura contadina rispettosa degli ecosistemi, del suolo, dell’acqua e delle persone. Crediamo che sia necessario ripensare le politiche pubbliche per far fronte alla siccità e alle conseguenze della crisi climatica, ma siamo convintə che i mega bacini idrici non rappresentino la soluzione. Al contrario, il modello di accaparramento della risorsa idrica incarnato dai mega bacini non fa che contribuire ad aumentare le disuguaglianze sociali e a perpetuare un modello agro-industriale insostenibile per il pianeta.

    Esprimiamo quindi profonda preoccupazione per l’adozione, da parte del Governo italiano, dello stesso piano di regimazione idrica basato su invasi, contenimento di fiumi e cementificazione del territorio rurale. Un modello adottato in maniera opaca, in puro stile grandi opere, senza che sia stato spiegato come, dove e perché verranno utilizzati i ben 3,2 miliardi di euro stanziati.

    Sentiamo, di fronte alla violenza di cui siamo testimoni e all’acutizzarsi della repressione rispetto ai conflitti ambientali, di dover prendere posizione rispetto a quanto accaduto a Sainte Soline, perché episodi di una simile violenza non si riproducano più e affinché non prosegua anche in Italia l’assalto al territorio rurale e l’accaparramento dell’acqua.

    In solidarietà,

    REALTÀ FIRMATARIE

    Ecologia Politica Network

    ARI Associazione Rurale Italiana

    Fridays for Future Italia

    Ultima Generazione

    Extinction Rebellion Milano

    Milano World Congress for Climate Justice

    Climate Social Camp

    Gastivists Italia

    ReCommon

    Comunità di Resistenza Contadina Jerome Laronze

    Campi Aperti

    Genuino Clandestino

    Autogestione in Movimento – Fuorimercato

    Collettivo epidemia

    Centro Internazionale Crocevia

    A Sud

    (in aggiornamento)

    Traduzione:

    Manifestation à Sainte-Soline: solidarité des mouvements paysans et écologistes italiens à la mobilisation française Par ce communiqué, nous affirmons notre soutien et notre solidarité avec les associations Bassines Non Merci, Les Soulèvements de la Terre et la Confédération Paysanne qui ont subi une grave répression de la part des forces de l’ordre lors de la manifestation à Sainte-Soline le samedi 25 mars dernier. Nos pensées vont aux personnes qui sont entre la vie et la mort, aux blessé.es graves et à leurs proches. Nous condamnons la répression policière dont la violence est injustifiable. Le bilan à ce jour est très lourd : 200 blessé.es, dont 40 très gravement, et deux personnes dont la vie est en danger. Plus de 3200 agents ont été déployés pour défendre la méga-bassine, utilisant des armes de guerre telles que des grenades lacrymogènes et des flashballs LBD 40, interdits dans la plupart des pays européens. De plus, comme le dénonce la Ligue des Droits de l’Homme (LDH) qui était présente en tant qu’observateur indépendant à la manifestation, la police a entravé l’accès aux ambulances, empêchant l’arrivée des secours dont l’intervention aurait été cruciale pour sauver la vie des deux manifestants. Cet épisode intervient au moment où le climat de tension est au plus fort, lié à la mobilisation pour les retraites. L’aveuglement du gouvernement face aux revendications de la population, qu’elles soient sociales ou écologiques, et la violence avec laquelle il réprime toute forme de contestation, ne sont pas dignes d’une démocratie. La décision du ministre de l’Intérieur de dissoudre les Soulèvements de la Terre après la manifestation du 25 mars est un signal très grave, témoignant d’une fermeture progressive du dialogue et d’une augmentation de la répression à l’encontre des mouvements écologiques et sociaux en France comme dans de nombreux pays européens, y compris l’Italie. Pour finir, nous réitérons notre soutien à la lutte paysanne et écologiste contre les méga-bassines porté par les associations françaises mentionnées ci-dessus. En tant que citoyen.nes, paysan.nes et militant.es, nous défendons un modèle d’agriculture paysanne respectueux des écosystèmes, des sols, de l’eau et du vivant. Nous pensons qu’il est nécessaire de repenser les politiques publiques pour faire face à la sécheresse et aux conséquences de la crise climatique, mais nous sommes aussi convaincu.es que les méga-bassines ne sont pas la solution. Au contraire, le modèle d’accaparement des ressources en eau incarné par les méga-bassines ne fait qu’accroître les inégalités sociales et perpétuer un modèle agro-industriel insoutenable pour la planète. Nous exprimons ainsi notre profonde inquiétude quant à l’adoption par le gouvernement italien du même plan de régulation des eaux basé sur les réservoirs,l’endiguement des fleuves et le cimentage des terres rurales. Un modèle adopté de manière opaque, dans le style des méga-projets, sans que l’on sache comment, où et pourquoi seront utilisés les 3,2 milliards d’euros alloués. Face à la violence dont nous sommes témoins et à l’escalade de la répression des conflits écologistes, nous estimons qu’il est nécessaire de prendre position par rapport à ce qui s’est passé à Sainte-Soline, afin que de tels épisodes de violence ne se reproduisent pas, et que l’assaut sur les terres rurales et l’accaparement de l’eau ne se poursuivent pas en Italie.

    En toute solidarité, NO BASSARAN !

    Associations signataires du CP:

    Ecologia Politica Network

    ARI Associazione Rurale Italiana

    Fridays for Future Italia

    Ultima Generazione

    Extinction Rebellion Italia

    Milano World Congress for Climate Justice

    Climate Social Camp

    Gastivists Italia

    ReCommon

    Comunità di Resistenza Contadina Jerome Laronze

    Campi Aperti

    Genuino Clandestino

    Autogestione in Movimento – Fuorimercato

    Collettivo epidemia

    Centro Internazionale Crocevia

    A Sud

  • Allevamenti intensivi e produzione industriale di carne: che fare?

    Allevamenti intensivi e produzione industriale di carne: che fare?

    Quali problemi per l’ambiente e la salute umana?

    Cosa possono fare contadini e coproduttori?

    Incontro di autoformazione della Rete per la Sovranità Alimentare dell’Emilia-Romagna

    Domenica 12 febbraio, h. 15.30-18.30

    Presso “Il Buco”, via Zago 11, Bologna (sotto ponte Stalingrado)

    Nell’ambito della transizione ecologica, in particolare nella produzione del cibo, la questione degli allevamenti intensivi e della produzione industriale di carne è particolarmente importante e urgente. La filiera industriale della carne presenta una lunga serie di criticità: il grande consumo idrico e l’uso di terreni per l’alimentazione del bestiame; l’inquinamento dell’aria e dell’acqua e l’emissione di gas serra legati agli allevamenti intensivi; la perdità di biodiversità; il trattamento degli animali negli allevamenti intensivi e nei macelli; il contributo allo sviluppo di resistenza agli antibiotici; lo sfruttamento del lavoro, spesso migrante, negli allevamenti, nei macelli e nelle industrie di lavorazione della carne; la tendenziale diminuzione dei piccoli allevamenti in favore delle grandi imprese. Tali criticità riguardano sovente anche produzioni cosiddette “tipiche”, “di qualità” e persino “biologiche”, che costituiscono fonti di importanti profitti in Italia e in particolare in Emilia-Romagna: questo rende ancora più difficile affrontare questi temi. Negli ultimi mesi, varie organizzazioni hanno fornito approfondimenti e contributi utili: ISDE-Medici per l’ambiente; Associazione rurale italiana; RECAER (Rete emergenza ambientale e climatica in E-R); CRESER. La Rete per la sovranità alimentare dell’Emilia-Romagna organizza un incontro di autoformazione, con gli obiettivi di: approfondire tali questioni; elaborare un posizionamento della Rete e contribuire alla riflessione e alle mobilitazioni su inquinamento, allevamenti industriali e contrasto allo sfruttamento del lavoro; comprendere le specificità del modello contadino di allevamento e di rapporto con gli animali e il ruolo dell’allevamento nell’agricoltura contadina; ragionare su rivendicazioni e richieste alle amministrazioni locali e regionali.

    Ne parleremo con

    Eva Rigonat, Veterinaria ISDE Modena, che affronterà in particolare le questioni legate all’inquinamento provocato dagli allevamenti intensivi, al legame tra alimentazione e salute umana e al benessere animale;

    Valeria Piro, Sociologa del lavoro, Università di Padova, che descriverà le condizioni di lavoro nell’industria della carne, in particolare in Emilia-Romagna e Veneto;

    Fulvio Bucci e Roberto Roveri, contadini, che ci racconteranno l’incontro organizzato da Associazione Rurale Italiana il 21 gennaio scorso;

    – Un referente di RECA (rete per l’emergenza climatica e ambientale dell’Emilia Romagna)

    – Alcuni allevatori di Campi Aperti.

  • Comunicato Mondeggi Bene Comune del 13/04/2022

    Alla Città Metropolitana,
    Al sindaco Nardella ed al suo partito,
    A tuttə coloro che in questi anni con rabbia ed amore hanno difeso e
    creato una nuova forma di autogoverno dal Basso : Mondeggi Bene Comune.
    Dall’ultimo aggiornamento riguardo il destino della tenuta di Mondeggi,
    vecchio ormai di un mese e mezzo, diversi accadimenti hanno fatto il
    loro corso; tutto ciò, purtroppo, non ha contribuito a dissipare
    minimamente gli enormi punti interrogativi di cui la vicenda è farcita.
    Ci eravamo lasciati nel bel mezzo della stesura del progetto che la Città Metropolitana intendeva inoltrare al Ministero competente in modo da intercettare i fondi europei del PNRR. Lavoro coordinato da
    tecnici dell’Università di Firenze, a cui il comitato Mondeggi Bene
    Comune ha partecipato in maniera attiva – pur non avendo avuto alcun
    riconoscimento formale – fornendo contributi concettuali e operativi
    sviluppati in otto anni di lavoro e permanenza in loco. Nonostante ruoli
    e percorsi differenti, le convergenze con i progettisti sono state
    molteplici: senza entrare nei dettagli per ovvi motivi di spazio,
    entrambi abbiamo intuito ed evidenziato le potenzialità della tenuta in
    termini di aggregazione sociale e produzione agro-ecologica di cibo
    sano, di formazione orizzontale, accoglienza di soggetti vulnerabili e di sviluppo di rapporti gestionali e
    produttivi differenti e innovativi, incentrati sull’utilizzo collettivo
    del bene. Il risultato di tale lavoro, durato un paio di mesi, ha preso
    forma in un documento, purtroppo ad oggi non ancora consultabile, che
    avrebbe dovuto vincolare rigidamente il futuro di Mondeggi alle linee
    guida appena toccate; insomma una base solida sulla quale impalcare il
    processo di co-progettazione dal basso con i potenziali futuri attori
    del progetto, così come stabilito dall’iter iniziale.
    In parallelo a tutto ciò, dopo insistenti richieste durate mesi, si è
    finalmente aperto un momento di confronto tra l’esperienza di Mondeggi
    Bene Comune e la Città Metropolitana di Firenze: alcuni portavoce del
    comitato hanno incontrato alcune delle figure tecniche e politiche
    deputate a gestire la questione. Incontri in verità interlocutori, in
    cui le parti hanno dibattuto astrattamente sulle specifiche esigenze e
    posizioni, senza purtroppo avere a disposizione una base concreta di
    confronto. Incontri terminati, per adesso, in attesa dell’elaborazione
    che l’ente pubblico si è riservato di dare al documento emerso dal
    lavoro dei progettisti, che evidentemente non soddisfaceva in pieno le
    necessità dei tecnici metropolitani.
    Siamo adesso in una fase di stallo: la revisione in corso da parte della
    Città Metropolitana sta di fatto prolungando l’attesa e gli
    interrogativi sul destino della fattoria. Se la parte del progetto già
    inoltrata in sede europea – e già, quindi, ufficializzata – è pressoché
    limitata all’elenco degli interventi di manutenzione strutturale,
    l’ambito più squisitamente politico rimane tuttora da sviscerare. Perché
    questa dilazione, ci chiediamo? Quali sono gli aspetti che, dopo mesi di
    lavoro serrato, a cui ha partecipato la stessa Città Metropolitana,
    restano contraddittori a tal punto da necessitare di una revisione ex
    post? Il bisogno di tempo è funzionale alla lettura e condivisione
    diffusa all’interno del palazzo, oppure ad una modifica sostanziale dei
    principi contenuti nel testo?
    Tutto questo non lo possiamo ad oggi sapere; il contesto e le parole
    udite, però, ci autorizzano a formulare supposizioni. A fronte di alcune
    convergenze, resta evidente una distanza tra la posizione di Mondeggi
    Bene Comune e quella dell’ente metropolitano: se da una parte la spinta
    mira al riconoscimento del “bene comune Mondeggi”, implementando e
    regolarizzando quello che è l’agire attuale, dall’altro l’impressione è
    che la dimensione economica resti preponderante. Il fatto che la
    Mondeggi del futuro debba camminare con le proprie gambe, e non tornare
    ad essere l’attività in perdita che era anni or sono, è fuori
    discussione per tutti; subordinare però a questa esigenza ogni velleità
    trasformativa, annegando nell’economicismo asettico il potenziale
    sociale già parzialmente emerso in questi anni di lavoro, ci pare un
    errore miope. Un progetto che sia innovativo deve saper osare: così come
    Mondeggi Bene Comune ha osato otto anni fa presidiando permanentemente
    la tenuta, salvandola dai reiterati tentativi di vendita, oggi è l’ente
    pubblico che è chiamato a sganciarsi dagli schemi consolidati per
    lanciarsi in qualcosa che sia diverso; ovvero trasversale, partecipato,
    collettivo. Nel consueto gioco a scaricabarile della politica serve
    qualcuno che se ne assuma la responsabilità, indicando a tecnici e
    dirigenti la strada da seguire. Ci rivolgiamo allora al Sindaco Nardella
    perché al più presto elabori una posizione e la esprima alla
    collettività; una posizione che sia rappresentativa della volontà
    politica del suo partito, e che possibilmente non collimi con la
    consuetudine del minimo sforzo e minimo rischio.
    Prendere in reale considerazione il riconoscimento della Dichiarazione
    di Uso Civico, ed interrompere la spirale mediatica che da anni si
    aggrappa ad un concetto di legalità che tutto rappresenta fuorché un
    ideale di giustizia, ci sembra un primo passo sin troppo atteso. In una
    recente intervista radio sull’infelice sgombero dell’occupazione di
    Corsica 81, a cui va tutta la nostra solidarietà, lo stesso Nardella ha
    descritto la Mondeggi del futuro come un “modello di autogestione”, una
    sorta di laboratorio dal basso di nuove pratiche collettive; se queste
    parole corrispondono al vero, e non sono soltanto un tentativo di
    dividere tra “buoni e cattivi”, è adesso il momento di tradurle in
    pratica.
    Come comitato Mondeggi Bene Comune, infine, attendiamo l’esito di questo
    confronto convinti delle nostre ragioni. Abbiamo in questi mesi dato la
    nostra massima disponibilità al dialogo in ogni sede e su ogni
    argomento; non siamo però disposti a scendere passivamente a patti su
    quelli che sono i principi che ci animano e che hanno permesso alla
    fattoria di rifiorire in questi otto anni: abbiamo difeso Mondeggi
    perché fosse veramente di tuttə, e non ci fermeremo certo adesso.
  • Sovranità Alimentare in Emilia-Romagna.

    Sovranità Alimentare in Emilia-Romagna.

    Presentazione e discussione pubblica del progetto per la sovranità alimentare in Emilia-Romagna.

    SABATO 12 GIUGNO 2021 ALLE ORE 15:30 presso LABAS vicolo Bolognetti 2 Bologna.

    Spostare i cicli dell’alimentazione umana dal sistema della catena industriale e della grande distribuzione organizzata verso il sistema delle reti alimentari contadine e della distribuzione autogestita: azioni dal basso per la transizione ecologica e possibile ruolo delle Istituzioni locali.

    ore 15:45 – Presentazione del documento

    ore 16:30 – Tavoli di approfondimento sui seguenti temi:“una definizione collettiva di reti alimentari contadine”“promuovere i sistemi autogestiti di distribuzione: un nuovo regolamento per i mercati contadini”“sementi contadine vs NBT (New Breeding Techniques) ”

    ore 18:00 – Sintesi dei tavoli di approfondimentoore

    18:30 – Agricoltura e Salute (inquinanti-produzione-consumo-alimentazione): streaming con Medici per l’Ambiente (ISDE)L’incontro è organizzato dalla Rete per la Sovranità Alimentare in Emilia-Romagna il Progetto per la Sovranità Alimentare è visionabile in forma estesa o sintetica al link

    https://www.grandeesodo.org/documenti-sovranita-alimentare/

  • Nasce La Rete Per La Sovranità Alimentare In Emilia Romagna

    Nasce La Rete Per La Sovranità Alimentare In Emilia Romagna

    Costituita a Bologna la Rete Per La Sovranità Alimentare In Emilia Romagna, ampia coalizione di singoli, associazioni e gruppi di base per un cambio radicale nel sistema di produzione, distribuzione e consumo del cibo.

    Conferenza stampa per la presentazione della neonata Rete:

    venerdì 21 maggio ore 12:00 https://meet.jit.si/sovranitaalimentare

    Verranno illustrati partecipanti, finalità e metodi di attuazione degli obiettivi di progetto.

    La Rete Per La Sovranità Alimentare in Emilia Romagna nasce a Bologna tra i contadini e cittadini che ruotano attorno a Campi Aperti, Camilla Emporio di Comunità, ed Arvaia CSA. In breve tempo si aggregano altre persone e le principali realtà vicine ai temi della genuinità dei cibi e del consumo critico; presto la rete cresce in ambito regionale per promuovere un nuovo modello di produzione e consumo basati sui principi dell’agroecologia: minimizzare gli sprechi, utilizzare razionalmente le risorse, spostare il mondo del cibo verso forme attente alle produzioni biologiche locali e alle realtà di base dell’Economia Solidale.

    Il modello di agricoltura e le scelte alimentari sono determinanti per la salute, la qualità del lavoro, la tutela del territorio. La Rete vuole divenire il principale interlocutore in grado di influire sulle scelte politiche regionali a sostegno delle Reti Alimentari Contadine e delle iniziative del mondo dell’Economia Solidale.

    Le Reti Alimentari Contadine comprendono piccoli produttori, distribuzione e fruitori che con un comune impegno possono determinare un diverso approccio all’alimentazione, valorizzare le produzioni locali, migliorare l’economia e la salute del territorio. Queste Reti costituiscono una coalizione ampia, lontana da fazioni e logiche di partito, pronta ad intervenire nelle scelte locali a vantaggio del bene comune.

    Le amministrazioni devono porre al centro del mondo alimentare l’agricoltura e i mercati contadini; le esperienze dell’economia solidale e degli empori di comunità; le forme di collaborazione diffuse con i negozi di vicinato, i laboratori e la ristorazione artigianali; l’avvicinamento tra città e campagne.

    La Rete Per La Sovranità Alimentare propone da subito una serie di interventi non rimandabili:

    1. Promuovere e sostenere circuiti solidali commerciali per le produzioni agroecologiche
    2. Favorire l’accesso alla terra delle nuove generazioni
    3. Orientare il Piano di Sviluppo Rurale al sostegno dell’Agricoltura Contadina
    4. Garantire a tutti i cittadini l’accesso alla terra per l’autoproduzione del cibo
    5. Orientare la ricerca pubblica verso l’agroecologia e la tutela della salute
    6. Sostenere la biodiversità, la produzione e utilizzo delle sementi comunitarie
    7. Diffondere consapevolezza alimentare e responsabilità sociale nella cittadinanza
    8. Contrastare lo sfruttamento del lavoro e garantire condizioni dignitose ed equa retribuzione

    Sovranità Alimentare è la possibilità per una comunità di decidere autonomamente il sistema di produzione e distribuzione del proprio cibo senza subire le imposizioni del mercato globale. Ciò consente di valorizzare i prodotti tipici, ridurre gli sprechi alimentari, salvaguardare il territorio e la biodiversità, mantenere in vita tradizioni e cultura locali in ottica agroecologica.

    Agricoltura Contadina è quella praticata dalla maggioranza delle realtà agricole italiane, che per l’85% sono piccole o piccolissime, e dalle innumerevoli esperienze di autoconsumo.

    È fatta di aziende famigliari e di cooperative che coltivano direttamente la terra su piccola scala con tecniche sostenibili e privilegiano i mercati locali, la filiera corta e il rapporto diretto col consumatore.

    Contatti:

    • Carlo Farneti, 388 938 0626, carlofarneti66@gmail.com

    Approfondimenti:

  • Ritorna la consegna a domicilio

    Ritorna la consegna a domicilio

    Ecco l’elenco delle aziende agricole di CAMPIAPERTI che riprendono (o continuano) a consegnare i propri prodotti a domicilio

    • FLORA FELIX  produzione e vendita di canapa e derivati – Via Vedegheto 1096/B Valsamoggia Bologna Tel 338 6458027
    • L’UPUPA  vino, confetture, passata pomodoro, succo uva, sciroppo sambuco cell. 328 1825180 mail. agricolalupupa@gmail.comOrdine entro martedì alle 18, consegna mercoledì dalle 15.30. Bologna e parte della  provincia.
    • FERMENTI SOCIALI birra biologica contadina a casa tua www.fermentisociali.it.
    • AZ AGR. ZANARINI ortaggi freschi pasta farine – per rimanere aggiornati e ricevere il modulo d’ordine, si dovrà mandare una mail chiedendo di essere inseriti in mailing list a  cibofrescobio@gmail.com
    • I VINACCIOLI è un progetto di enologia partecipativa. Consegna a domicilio per gli associati di vino rosso o bianco, fermo 13°a fermentazione spontanea e affinamento in rovere. Bottiglia 75cc: contributo associativo €5. Possibilità sfuso in dame da 5L: contributo associativo €25. alex.nanni@gmail.com 388 5894146 anche whatsapp
    • LA ZAPPA E IL MESTOLO Burger e sfizi confezionati sottovuoto realizzati con verdure locali di stagione coltivate nel rispetto della natura e ingredienti biologici www.lazappaeilmestolo.it
    • AGRITURISMO AL ROVERELLA (az agr Bortolotti) vini e piatti pronti da asporto info@roverella.it 338 8329620
  • Mille Camille!

    Mille Camille!

    Nel 2019 è nato a Bologna il primo emporio di comunità, cioè il primo negozio alimentare condotto in forma cooperativa ed autogestito dai soci. Vende esclusivamente ai soci della cooperativa e si rifornisce acquistando direttamente dai produttori biologici locali. Si chiama Camilla – Emporio di Comunità e si ispira alla Park Slope Food Coop di Brooklyn – una cooperativa newyorkese con più di quarant’anni di storia – e alle giovani cooperative nate sul suo esempio in Europa nell’ultimo decennio prima a Parigi (La Louve), poi nel resto della Francia ed in Belgio (Bees Coop).

    Pur così recente, l’esperienza dell’emporio di comunità Camilla si lega saldamente alla storia della città. Oltre un secolo fa, fu proprio il sindaco di Bologna Francesco Zanardi che, superando la normativa dell’epoca e il parere contrario del prefetto, aprì il primo spaccio nei locali comunali di Piazza Maggiore (dove oggi c’è la farmacia) per consentire a cittadini e lavoratori, organizzati in cooperativa, di resistere ai continui aumenti dei prezzi determinati dalla speculazione commerciale.

    L’emporio Camilla si trova in via Casciarolo 8, nel quartiere San Donato, in locali commerciali presi in affitto a prezzo di mercato, con gravosi oneri di urbanizzazione. La cooperativa si è completamente autofinanziata, dà lavoro a 2 persone e garantisce ai soci la possibilità di comprare beni di alta qualità a prezzi contenuti e trasparenti, nel rispetto della giusta remunerazione di chi lavora.

    I soci della cooperativa Camilla sono accomunati dall’attenzione all’impatto ambientale e sociale dei propri consumi e dunque indirizzano gli acquisti verso l’economia locale, l’agricoltura biologica, i detergenti ecologici, i prodotti sfusi, cui è dato grande risalto nell’emporio. Selezionano i propri fornitori e svolgono, collettivamente e a rotazione, tutte le attività necessarie alla gestione dell’emporio.

    In Italia, Bologna è solo il primo esempio, ma il modello si sta sviluppando sia al Nord che al Sud. Sono già aperti gli empori autogestiti di Cagliari, Parma, Ravenna e altri sono in progettazione nel resto del Paese. Sostenendo queste esperienze innovative, le amministrazioni pubbliche rafforzerebbero l’economia sana e locale, la volontà partecipativa dei cittadini e la coesione sociale.

    A Parigi e Barcellona le amministrazioni progressiste delle sindache Hidalgo e Colau hanno sostenuto le cooperative autogestite, offrendo locali pubblici idonei o partecipando ai costi di affitto, mettendo a disposizione consulenze.

  • Assistenza tecnica agroecologica

    Assistenza tecnica agroecologica

    Immaginiamo che una assistenza “agroecologica” coerente con lo sviluppo delle Reti Alimentari Contadine debba avere queste basi:

    – sistemiche: “i sistemi sociali e biologici hanno un alto valore agricolo”. L’agroecologo quindi deve occuparsi di assistere non solo lo sviluppo agronomico ed economico ma ancor più lo sviluppo sociale ed ecologico di un’azienda agricola, e le competenze così vaste possono essere integrate in equipe di lavoro, formate da agronomi, sociologi, biologi, geografi, pedologi, geologi, economisti, informatici e pratici.

    – di rete, ovvero deve facilitare le relazioni e il passaggio di informazioni (formali e informali) da tutti gli stakeholders (produttori, ricercatori, coproduttori, amministratori), in modo orizzontale, al fine di portare ad uno sviluppo culturale oltre alla risoluzione dei problemi.

    – results-based (basata sui risultati): significa che la qualità dell’azienda viene misurata su parametri agroecologici misurabili per arrivare ai quali il consulente facilita il percorso. Non quindi tecnici che compilano carte sulla base di disciplinari di produzione standardizzanti.

    – territoriale: in agroecologia l’unità funzionale minima è il fondo agricolo e non il campo, visto all’interno di un sistema agricolo, ecologico e paesaggistico territoriale. Gli itinerari tecnici sono sviluppati non per coltura su una scala regionale, ma per sistemi agricoli locali, in cui le caratteristiche ecologiche e sociali sono fondamentali, e non parametri opzionali.

    Queste caratteristiche sono la nostra visione. Troviamo parti di questa visione leggendo ed interpretando alcuni concetti che troviamo espressi in diversi documenti ufficiali dell’Unione Europea, come l’AKIS (Agriculture Knowledge Innovation System), il Multi-Actor Approach, i Living Labs, gli eco-schemes, ma vorremmo che le istituzioni venissero a confrontarsi di persona con le reti contadine della loro interpretazione e di come questi concetti si possano realizzare concretamente.

  • Abbiamo una proposta! Le Comunità di  Supporto all’Agricoltura (CSA)

    Abbiamo una proposta! Le Comunità di Supporto all’Agricoltura (CSA)

    A Bologna, nel quartiere di Borgo Panigale-Reno, si è costituita nel 2013 Arvaia Società Cooperativa Agricola , una delle prime CSA italiane. Attualmente Arvaia conta 10 lavoratori dipendenti e 493 soci e distribuisce ogni settimana 200 parti del raccolto ai soci fruitori che partecipano economicamente a sostenere il bilancio annuale. Questa CSA dal 2015 ha in concessione onerosa 47 ettari di proprietà del Comune di Bologna, a seguito della aggiudicazione per bando pubblico che prevede un affitto annuo di 605 euro ad ettaro per le parti destinate a coltivazione agricola. Potete leggere le misure che rivendichiamo per le CSA su https://www.campiaperti.org/progetto-per-la-sovranita-alimentare/

  • Abbiamo una proposta! Un poco di analisi…

    Abbiamo una proposta! Un poco di analisi…

    La crisi ambientale, la consapevolezza dell’importanza delle scelte alimentari per la salute, l’esigenza di garantire la dignità del lavoro e di favorire l’occupazione: sono tutte tematiche che mettono l’agricoltura al centro di un dibattito nel quale sentiamo fortemente l’esigenza di intervenire. Non è più il momento di demandare questo tema alle scelte individuali in tema di consumo alimentare, né a quello delle scelte imprenditoriali, ma è il momento di impegnarci ad elaborare scelte collettive su queste tematiche, e quindi di elaborare, praticare e pretendere politiche agricole che vadano a vantaggio della collettività e non di interessi particolari.

    Anche in Italia, come nel resto dell’Europa, e del mondo, possiamo individuare più filiere di produzione e distribuzione del cibo: da una parte le reti alimentari contadine locali, che comprendono la filiera cortissima dell’autoconsumo e il vastissimo panorama di piccole e medie aziende che spesso vendono direttamente le proprie produzioni in azienda, nei mercati, nei gruppi d’acquisto, nei circuiti dei negozi di prossimità e nella ristorazione; dall’altra le filiere industriali, caratterizzate dalla monocoltura, dall’utilizzo spinto della chimica e da forti input energetici nella produzione, dall’accentramento del potere di acquisto e distribuzione in pochissime mani, dal commercio globale del cibo, e da una spinta trasformazione industriale dei prodotti alimentari.

    Se spesso viene messo l’accento sulla necessità di sostenere le filiere industriali in quanto capaci di produrre cibo a basso costo, questo lo si fa tralasciando di contabilizzare i costi esternalizzati legati ai danni ambientali prodotti da pesticidi e fertilizzanti sintetici (contaminazione delle falde acquifere e inquinamento atmosferico), dalla perdita di agrobiodiversità, dall’eliminazione degli elementi naturali nelle campagne, dallo spreco di plastiche negli imballaggi, con il relativo inquinamento; lo si fa non contabilizzando i danni alla salute provocati dai pesticidi con le intossicazioni acute e le malattie croniche che provocano, con i danni dell’esposizione prenatale, dalla malnutrizione dovuta al consumo di prodotti eccessivamente ricchi di sale, zucchero, grassi saturi; lo si fa ignorando lo spreco di risorse, i costi dello smaltimento dei rifiuti, la perdita di suolo fertile. Lo si fa ignorando le riduzioni di costo ottenute attraverso le distorsioni dovute al controllo monopolistico, che impone ai produttori prezzi inferiori ai costi di produzione, che promuove lo sfruttamento dei braccianti e degli altri lavoratori della filiera, che provoca enormi squilibri sociali e fame nei paesi del sud del mondo, e infine ignorando la massa di sussidi che la collettività stessa riconosce agli attori di questa filiera.

    Al contrario le reti alimentari contadine sono in grado di produrre alimenti nutrienti in equilibrio con l’ambiente e le risorse e possono garantire, quando opportunamente sostenute dalla collettività, un lavoro dignitoso nelle varie fasi della produzione e distribuzione.

    Nonostante questo le realtà agricole e le filiere contadine presenti nei nostri territori non vengono messe al centro dello sviluppo delle politiche agricole, e questo avviene anche tralasciando di rilevare la presenza di un tessuto agricolo che tutt’ora vede nell’agricoltura di piccola scala una presenza tutt’altro che irrilevante. La stessa carenza di dati circa le filiere locali e l’agricoltura finalizzata al commercio di prossimità evidenzia una carenza di attenzione. Oltre al cibo prodotto e consumato localmente proveniente dalle piccole e medie aziende e commercializzato tramite mercati, gruppi d’acquisto, esperienze di community-supported agriculture, spacci aziendali, esercizi di prossimità, la filiera locale si arricchisce anche del cibo che non viene commercializzato ma viene destinato all’autoconsumo da parte delle famiglie (orti urbani e rurali, piccoli allevamenti), così come di ciò che proviene dalla raccolta di piante spontanee in terreni coltivati o in natura. In particolare queste ultime filiere, non essendo commerciali, vengono completamente ignorate nonostante svolgano appieno il compito di nutrire le persone in modo sostenibile con cibo di qualità. Nei nostri territori inoltre, anche nelle aziende di maggiori dimensioni, che praticano una agricoltura e partecipano ad una filiera di tipo industriale sopravvivono spesso in parallelo anche le piccole produzioni destinate al commercio locale in varie forme così come all’autoconsumo.

    Dall’altro lato, molte filiere industriali non hanno lo scopo di nutrire i cittadini (semmai è quello di produrre profitti), e tantomeno coloro che risiedono nel nostro territorio. È sufficiente pensare a quanto prodotto agricolo viene destinato esclusivamente o principalmente all’esportazione (spesso con l’etichetta “Made in Italy”) e allo stesso modo a quanto cibo industriale, talvolta realizzato con materie prime che provengono da fuori regione o dall’estero, con il paradosso che filiere che appaiono “emiliano-romagnole” (magari “tipiche” o “di qualità”) hanno in regione solo la fase di trasformazione industriale, mentre sono approvvigionate da produttori non locali e hanno acquirenti non locali. L’unico beneficio che queste produzioni portano sul territorio è relativo a qualche posto di lavoro e al profitto economico, che però è concentrato nelle mani di pochi, mentre ben più rilevanti appaiono i costi in termini di inquinamento, sprechi e concorrenza sleale verso le reti contadine locali.

    Una narrazione dell’agricoltura emiliano-romagnola che metta al centro il rilievo di ciò che oggi nutre in modo salutare la popolazione nelle nostre aree, di quella miriade di esperienze che salvaguardano i territori sia nelle aree collinari e montane più fragili, che nelle zone di pianura, di quell’agricoltura che minimizza lo spreco, che utilizza in modo razionale le risorse, che riduce gli imballaggi e i trasporti a lunga distanza, porterebbe un riconoscimento necessario a rivendicare un ruolo che per il futuro deve diventare sempre più ampio.

    È arrivato il momento che le politiche agricole inizino a sostenere ciò che porta un vantaggio alla collettività, che la popolazione sia messa in condizione di fare delle scelte per l’ambiente, la salute e l’equità sociale, che sia promosso l’accesso al cibo che nutre e che si educhi a riconoscere il cibo che ammala. Che agricoltori e cittadini siano messi in condizione di scegliere realmente, e che si riconosca che sono le scelte politiche a definire i costi reali dei diversi modelli produttivi.

    Siamo consapevoli del fatto che attualmente anche le filiere industriali, sostenute in primo luogo dalla GDO, rivendicano esse stesse un ruolo nella salvaguardia ambientale, attraverso le filiere industriali del biologico, nel sostegno all’equità sociale e alla salvaguardia della salute attraverso le certificazioni, i marchi “etici”, i marchi “di qualità” e quant’altro. Così come rivendicano un ruolo nel “km 0” inserendo produttori locali negli scaffali dei supermercati. In realtà la scelta offerta nello scaffale di un supermercato è solo apparente, in quanto scelta fondata sul prodotto e non su una reale condivisione dell’insieme dei processi produttivi che sono alla base delle filiere sostenute. Lo stesso concetto di “qualità” assume significati completamente diversi dentro la filiera industriale rispetto alle varie e diversificate filiere contadine. La qualità che promuoviamo nelle filiere contadine non ha a che vedere con l’uniformità e la stabilità di un prodotto, ma con il riconoscimento di un comune impegno da parte di produttori e consumatori verso la costruzione di un rapporto corretto con l’ambiente e le risorse, del rispetto dei territori, di un comune sforzo a contenere i cambiamenti climatici, di una comune aspirazione ad un mondo più equo. Tutto ciò è relativo alle relazioni che sono alla base dello scambio di un prodotto più che al prodotto stesso, al riconoscimento di una complementarietà, di una interdipendenza tra i vari soggetti della collettività.

    All’interno delle filiere industriali il potere si concentra nelle poche mani di chi possiede gli ingenti capitali necessari alla lavorazione e alla logistica, ai trasporti al lunga distanza che tale sistema impone. Sono queste poche mani che scelgono, e le scelte sono necessariamente fondate sulla massimizzazione dei profitti. È solo in questi termini che il “prodotto etico”, il “prodotto sano” entra nel gioco, in quanto capace di esercitare un potere attrattivo verso alcune categorie di acquirenti. È così che il prodotto “buono” partecipa esso stesso al successo del sistema che crea le condizioni delle crisi ambientali e sociali legate al settore agricolo. A rendere ancora più potenti i giganti del sistema alimentare della filiera industriale c’è il fatto che questi sono in grado di incidere sia in sede WTO influenzando i trattati commerciali che in altre sedi quali la banca mondiale e le sedi diplomatiche. Questo li rende in grado di “creare le regole del gioco”, non di doverle seguire.

    Pensiamo al contrario che solo le filiere contadine, non creando accentramenti di potere ed essendo costituite da una miriade di soggetti che si relazionano in modo paritario, abbiano le potenzialità per creare l’agricoltura del futuro, un’agricoltura al servizio dei bisogni collettivi.

    In questo nostro percorso prendiamo fortemente le distanze da chi inserisce la salvaguardia dei sistemi agricoli locali e contadini in un contesto di nostalgie patriarcali, di xenofobia, e di nazionalismo fascista.

  • Abbiamo una proposta! Ottenere il riconoscimento dei Sistemi di Garanzia Partecipata

    Abbiamo una proposta! Ottenere il riconoscimento dei Sistemi di Garanzia Partecipata

    I Sistemi di Garanzia Partecipata sono pratiche complesse, nate in seno al movimento della Sovranità Alimentare in diverse parti del mondo, attraverso le quali le comunità territoriali che costruiscono le Reti Alimentari Contadine auto-controllano il rispetto delle regole collettive che le comunità stesse si sono date. In Emilia Romagna esistono diverse esperienze di SGP tra le più datate in Italia, tra queste quella di Campi Aperti vede quasi due decenni di pratica e progressivo perfezionamento. I Sistemi di Garanzia Partecipata, se condotti con scrupolo, offrono standard di garanzia decisamente superiori rispetto ai sistemi di certificazione vigenti. Infine i Sistemi di Garanzia Partecipata vanno altre la garanzia dei metodi di produzione interessando, ad esempio, regole sul rispetto dei lavoratori dipendenti nelle aziende agricole. Leggi e commenta il capitolo B del progetto per la sovranità alimentare.

  • Abbiamo una proposta! Ripensare la legislazione in materia agricola

    Abbiamo una proposta! Ripensare la legislazione in materia agricola

    Le leggi danno la forma al mondo: abbiamo bisogno di norme nuove, che promuovano l’agricoltura contadina di prossimità, per la salvaguardia delle risorse naturali e come base per la costruzione di sistemi di relazione sociale basati sulla cooperazione e non sulla competizione. Ma soprattutto abbiamo bisogno di una riforma radicale della Politica Agricola Comunitaria.

    Leggi il capitolo E del “progetto per la sovranità alimentare