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  • DA ROSARNO ALLA VALSUSA PER LA ROJAVA passando da Roma, Bologna, Asti e Milano

    DA ROSARNO ALLA VALSUSA PER LA ROJAVA passando da Roma, Bologna, Asti e Milano

    “La Rojava è un esperimento pericoloso perché potenzialmente universale”

    Così gli attivisti e le attiviste della “Staffetta per Kobane” sintetizzano il valore dell’esperienza che si sta realizzando nel Kurdistan Occidentale e insieme il senso delle iniziative di solidarietà che si stanno mettendo in campo per sostenerla.

    Kobane è la trincea della resistenza umana lungo il fronte dell’unica vera guerra di civiltà oggi in atto ovunque: quella tra l’umanità e un sistema globale di sfruttamento che si esprime alternativamente e congiuntamente in forma politica, economica e militare.

    Cosìccome la barbarie risultante dal declino del sistema capitalistico si esprime nei linciaggi e le deportazioni di Rosarno del 2010, quanto nella guerra tra poveri delle periferie metropolitane di questi giorni, come nei deliri sanguinari dell’ISIS, non meno che in qualunque guerra umanitaria a uso e consumo delle potenze imperialiste, così pure la via d’uscita a questo cieco storico che si testimonia nella Rojava chiama in causa tutte le esperienze d’alternativa che si praticano nel mondo, per mettere in atto qui e ora una nuova forma di convivenza umana: fondata sulla democrazia diretta e autogestionaria, sulla condivisione delle risorse, sulla cooperazione sociale, sul recupero di un rapporto simbiotico con la natura, sull’accoglienza e la convivenza tra le differenze… sulla libera autodeterminazione di individui, collettività, generi.

    Per questo SOS Rosarno ha deciso di mobilitare le proprie risorse per contribuire come può alla resistenza di Kobane e alla costruzione della Rojava libera, convinti che quest’esperienza non sia solo, con il glorioso sacrificio dei miliziani e delle miliziane, necessaria barriera all’abisso avanzante dell’integralismo, ma ancor più misura concreta di compiti che spettano anche a noi e fonte di indicazioni fondamentali sui passi da muovere e la direzione da intraprendere.

    Metteremo dunque a disposizione quel che possiamo di quanto produciamo, soprattutto agrumi, e mobiliteremo la risorsa fondamentale del nostro agire, le relazioni, per contribuire a questo grandioso processo di cooperazione internazionale dal basso, o se si vuole di internazionalismo popolare, che procede da qualche mese con le staffette per Kobane.

    La Val Susa è il primo riferimento che c’è venuto in mente, per il richiamo immediato che ci suscitano i racconti da Kobane con quella che non esitiamo a definire come la nostra Rojava.

    Lungo il tragitto dalla Calabria alla valle dei No Tav, la carovana di agrumi farà tappa in alcune città, sede di importanti relazioni costruite in questi anni e di altrettante importanti esperienze di resistenza e d’alternativa.

    A Roma, dove nel 2011, al C.S.O.A. ex-Snia Viscosa, SOS Rosarno è nata, un po’ figlia dell’esperienza dell’Assemblea dei Lavoratori Africani di Rosarno a Roma e dove da allora continuiamo nel lavoro congiunto, anche coi GAS, nel segno della solidarietà e della lotta.

    A Bologna, dove si realizza per noi una delle forme più avanzate di autorganizzazione del consumo attraverso i Gruppi di Acquisto Solidali comeAlchemilla, che in questi anni, in collaborazione con il Laboratorio CRASH, ha saputo coniugare la pratica dell’economia solidale con le istanze del conflitto e la solidarietà concreta a importanti lotte sociali. Lì grazie all’associazione YA BASTA! intrecceremo il percorso di Rojava Calling con la comunità curda emiliano-romagnola.

    Ad Alessandria e dintorni, dove da qualche anno solidarizziamo con il presidio dei braccianti di Castel Nuovo Scrivia ed abbiamo potuto conoscere e collaborare con le importanti iniziative dell’Associazione Verso il Kurdistan.Che per quest’occasione si muoverà ad Asti…

    A Milano, dove ormai da un anno troviamo nella fabbrica recuperata e autogestita Ri-Maflow il polo nord di una cooperazione dal basso che unisce gli estremi della penisola, oltre che il riferimento, simbolico e concreto a un tempo, di quella possibile riconversione produttiva in cui crediamo.

    Insieme ai più saldi riferimenti politici che abbiamo nel nostro territorio, il C.S.O.A. Angelina Cartella di Reggio Calabria, il C.S.C. Nuvola Rossa di Villa San Giovanni, il Frantoio delle Idee di Cinquefrondi,manderemo agrumi a tutti loro che li venderanno per raccogliere fondi e finanziare le attività delle staffette per Kobane… e al contempo accoglieremo qui i testimoni di questo miracolo per lasciarci ispirare nuovi progetti e nuove lotte, nuove vie per costruire l’alternativa che vogliamo.

    INVITIAMO TUTTE E TUTTI A PARTECIPARE

    10 e 11 Gennaio 2015, per il V° anniversario della rivolta di Rosarno:

    A ROMA, 10 GENNAIO, ORE 10.00 – 13.00 al Pigneto – Piazzetta Persiani Nuccitelli: vendita in piazza organizzata da Rojava Calling Roma

    A CINQUEFRONDI “IL FRANTOIO DELLE IDEE” – giorno 10 ore 17.00
    Confronto assembleare con rappresentanti della staffetta per Kobane e del movimento di liberazione del popolo Kurdo

    “Siamo andate villaggio per villaggio a spiegare e a insegnare cos’è la libertà e cos’è la libertà delle donne” Newroz Kobane, 25 anni, donna, resistente del Rojava

    A VILLA SAN GIOVANNI – C.S.C. NUVOLA ROSSA – giorno 11 ore 17.00

    incontro assembleare con rappresentanti della staffetta per Kobane e del movimento di liberazione del popolo Kurdo sul tema
    “Rosarno chiama Rojava: esperienze di autogoverno e pratiche di autogestione per l’alternativa che vogliamo”

    Dal 17 al 24 Gennaio, proseguendo verso la Val Susa passando per Bologna e Milano ed Asti:

    IN VALSUSA, BUSSOLENO, GIORNO 17: al pomeriggio il movimento NO TAV organizza la vendita c/o OSTERIA “LA CREDENZA”, via Fontan 16.

    AD ASTI, DATA DA DEFINIRE TRA 16 E 19, “VERSO IL KURDISTAN” E PIAM organizzano: vendita c/o cortile del Centro Culturale san Secondo in Via Carducci 24

    A BOLOGNA GIORNI 22 E 23, ore 18 – 22, GAS ALCHEMILLA E YA BASTA! organizzano:
    Vendita delle arance per sostenere Rojava al CS Tpo in via Casarini 17/4.
    Venerdì 23 alle ore 20 presentazione dell’iniziativa “SOS Rosarno in sostegno del Rojava”
    A seguire cena con la comunità curda emiliano romagnola

    A MILANO, GIORNI 23 E 24, AD OPERA DI RI-MAFLOW:
    per Milano giorni – luoghi e orari da verificare sul sito http://www.rimaflow.it/

    Segui gli aggiornamenti sul sito di SOS Rosarno

  • CampiAperti vintage: un volantino di dieci anni fa  (sempre attuale)

    CampiAperti vintage: un volantino di dieci anni fa (sempre attuale)

    Che cavolo mangerai questo Natale?

    I nostri cavoli hanno una storia da raccontarti…

    Sono prodotti da piccole aziende locali che utilizzano solo la propria forza lavoro e il proprio ingegno senza sfruttare lavoratori “invisibili”. Gli stessi produttori provvedono poi a venderteli direttamente nel tuo quartiere saltando costosi intermediari al fine di garantire un prezzo equo per te e dignitoso per loro.

    Sono coltivati seguendo i dettami dell’agricoltura biologica (escludendo l’utilizzo di sostanze di sintesi chimica come concimi, diserbanti, insetticidi e specie geneticamente modificate) al fine di preservare la tua salute, quella dei contadini e della terra che ci ospita.

    Crescono vicino a casa tua, in provincia di Bologna, evitando viaggi costosi e inquinanti.

    Sono colti solo quando raggiungono la maturazione per garantirne il gusto e la conservazione senza l’ausilio di sostanze chimiche o catene del freddo.

    Non hanno bisogno di pubblicità e di finzioni perché la loro è una storia vera!

    Puoi dire lo stesso della merce che comprerai per deliziare le tue feste?

    La grande distribuzione non ti racconta la storia di ciò che mangi, non parla delle mani e dei corpi che lo hanno prodotto, non ti dice chi e come decide il prezzo di una merce, quanto incida sull’ambiente coltivare in maniera intensiva, senza rispettare i ritmi naturali. Iniziamo a svelare l’inganno: chiediamo tra l’altro il prezzo sorgente che certifichi il costo dei prodotti pagati all’origine.

    I nostri cavoli e non solo (frutta e verdura di stagione, formaggi, miele e confetture, farina, vino, prodotti del commercio equo e solidale e altre meraviglie) sono in vendita ogni giovedì dalle 18 alle 21 nel tuo quartiere presso l’ex mercato in via Fioravanti n.24 all’interno dello spazio sociale XM 24 (ultimo mercato del 2004 giovedì 23, si riapre il 13 gennaio). Ti aspettiamo per immaginare e costruire con te un mondo diverso partendo dal gesto apparentemente più banale: la spesa.

    Buon Natale,

    Coordinamento per la sovranità alimentare/terra e libertà. Bologna

  • Fabrizio e Ambra, un pensiero

    CampiAperti ha la sua Azdora con la A maiuscola, che fa tortellini, tortelloni, tagliatelle, grissoni, gnocco fritto, e qualsiasi delizia che il suo vulcanico estro romagnolo riesce a pensare; ci ha pure insegnato a fare la pasta!
    A suo fianco, defilato ma sempre presente, c’era un compagno di vita e di lavoro.
    Ora questo caro amico è volato via.
    La Comunità di CampiAperti si stringe attorno a questa bella famiglia.
    Aspettiamo tutti che Ambra torni (quando vuole) nei nostri mercati.
    Ciao Fabrizio!
  • Fare comunità è la chiave del cambiamento sociale – da zeroviolenza.it

    Cecilia Marocco,
    8 dicembre 2014

    La domanda è sempre la stessa, quasi ogni realtà sociale prima o poi si pone il problema di come dare prospettiva alle lotte, di come crearepartecipazione attiva tra chi idealmente sarebbe pure d’accordo ma guarda ai movimenti con malcelato pregiudizio dimostrando diffidenza e/o disillusione.

    La domanda se la fanno in molti dopo Genova, dopo il crollo di speranza che ha significato per tutt* il fallimento del Social Forum e, sebbene in misura minore, il movimento degli indignados del 2011 che in Italia ha avuto il suo apice nonché la sua fine nella mobilitazione del 15 Ottobre a Roma. Il fallimento più grande sta nella delusione di un mancato “altro mondo possibile”, da lì l’incapacità dei movimenti di ricreare intorno a se consenso e interazione. Da qui la necessità di ripartire da zero, dal basso, attraverso le pratiche e la costruzione di nuovi percorsi.

    Dunque le risposte… ognuno prova a darne una, ma c’è anche chi non crede possano esistere, e forse hanno pure ragione; ma dato che pessimismo e realismo è meglio lasciarli a chi pensa che le cose non si possano cambiare, si vuole provare a seguire quel filo che, dall’interesse, porta al consenso poi partecipazione ed infine “comunità”. Pensando che quest’ultima possa essere una delle chiavi di un sempre più necessario cambiamento radicale.
    E’ doveroso mettere “comunità” tra le virgolette perché dalla sua definizione dipende come la si costruisce.

    Secondo il vocabolario è “l’insieme di persone unite tra di loro da rapporti sociali, linguistici e morali, vincoli organizzativi, interessi e consuetudini comuni”. Questa definizione è pericolosa e fuorviante perché potrebbe implicare una chiusura e ristrettezza che necessariamente bisogna superare, o peggio l’unione forzata di individui sotto l’arbitrio di leggi e frontiere. Andrebbe specificata invece, in senso più Proudoniano, come l’insieme di persone che si sentono affini e per questo si riuniscono in comunità economicamente vitali con obiettivi condivisi, non isolate e quindi anti-identitarie, permeabili a chiunque voglia farne parte (fermo restando la condivisione degli obiettivi e ideali).

    Una comunità implica anche la ridefinizione di un sistema sociale, ovvero un cambiamento radicale nei meccanismi dello stare insieme ad altre persone, eliminandone gerarchie e verticismi di cui sono spesso impregnati anche i movimenti.

    L’esperienza collettiva come strumento per trasformare il quotidiano; quei pochi GAS (Gruppi d’Acquisto Solidale) che funzionano veramente ne sono un esempio felice quando non si limitano a cambiare gli usi negli acquisti, ma mettono in discussione le regole del sistema a 360°, la messa in condivisione di criteri comuni diventa impulso per un cambiamento che non si attua più a livello individuale, ma diventa collettivo.

    Costruire comunità è uno dei capisaldi della campagna Terra Bene Comune che, come è già stato scritto altrove, passa attraverso l’autorganizzazione; ma deve avere una base solida per procedere e superare i limiti di un territorio, di un gruppo ristretto, di una cerchia che necessariamente deve allargarsi se a cambiamenti radicali si anela.

    Tornando all’esempio dei GAS, la stragrande maggioranza è ormai diventata una individualizzazione dell’idea originale, urge un salto di qualità, l’ampliamento del ragionamento che a partire da una questione materiale e pratica (il cibo) sia in grado di criticare un intero sistema (il problema della grande distribuzione, dello sfruttamento del lavoro, della precarizzazione delle vite), arrivando a risposte concrete che possano spaziare dalle valutazioni sul giusto prezzo o l’importanza di sostenere una filiera corta, alla creazione di reti sui territori che scambino merci non in quanto tali ma in quanto veicoli di ideali e proposizioni concrete.

    La costruzione di una comunità può nascere da una occasione ma non deve esaurirsi in essa, spesso ha origine da esigenze materiali e funziona se diventa fucina di idee, arricchimento culturale attraverso condivisione di pensieri, così come la sua contiguità non risiede in termini solo spaziali ma innanzitutto ideali; lo spazio può aiutare a creare un senso di comunità grazie alla facilità delle relazioni, ma è la condivisione profonda di idee che mantiene saldo il senso di appartenenza ad essa e proprio nella estensione sui territori può trovare linfa vitale affinché un gruppo che lentamente si accresce possa continuamente confrontarsi e scambiare esperienze.

    Tante sono le possibili strade da percorrere per creare comunità, la creazione di un orto in un centro sociale ha incuriosito e dunque permesso di abbattere quel muro di diffidenza che regnava tra i cittadini del quartiere, ora quei cittadini partecipano ben oltre la gestione di un piccolo orto in città arrivando ad immaginare la gestione collettiva di terre per una autoproduzione che ha il sapore di reale alternativa al modello economico, crea reddito (diretto o indiretto) ma soprattutto unisce.

    Quanto la comunità riesce a soddisfare i bisogni partendo da se stessa e senza delegare realizza un’altissima forma di autogestione, la diffusione sui territori è il volano per il moltiplicare le pratiche.

  • LA MAFIA ROMANA NELLA CITTA’ DELL’ALTRAECONOMIA

    LA MAFIA ROMANA NELLA CITTA’ DELL’ALTRAECONOMIA

    In questi giorni Roma è scossa dalla scoperta dell’esistenza nella capitale di una ” Mondo di mezzo di mezzo”. Uno spazio in cui interesse generale e personale si mescolano ad arte, in cui malavita e politica parlano la stessa lingua, in cui destra e sinistra sono direzioni che portano dalla stessa parte: l’intimidazione, la corruzione, il lucro, la volgare appropriazione di tutto ciò che dovrebbe essere dovuto, da parte amministrativa, cioè l’assistenza a chi non ce la fa, la cura dell’ambiente e degli spazi pubblici.

    Noi la mafia romana non la scopriamo dalle intercettazioni telefoniche e dagli atti giudiziari, ma l’abbiamo guardata in faccia. Era il 2003 quando in tanti reclamavamo la necessità di un’economia diversa per dare un futuro diverso alla città e al nostro Paese. Grazie ad un impegno pubblico di 5.000.000 di euro, l’antico mattatoio di Roma, un luogo abbandonato e allo sfascio, venne ristrutturato e diventò la Città dell’Altra Economia (CAE), che per qualche anno ha aperto uno spazio di concretezza a questo sogno.

    Nel 2012 però, quando si trattò di riconoscere quel percorso e dargli stabilità, più di 30 realtà sedute attorno al Tavolo di progettazione partecipata per il rilancio della CAE e che da anni lavoravano ad una nuova struttura condivisa, cominciarono a veder circolare per il Campo boario alcune di quelle facce imbarazzanti che da anni, senza troppa discrezione, avevano cominciato a portare le logiche e le pratiche della “Terra di mezzo” nella “Terra di tutti”.

    Alle pratiche del “progetto partecipato”, del cantiere aperto e pubblico con i soggetti dell’altra economia italiana, ma anche con tutte e tutti quelli che volevano veder vivere e crescere l’Altra Economia in città, dalle istituzioni cittadine, ma anche da alcune delle realtà che cominciavano a intravedere nel potere e nell’arroganza della “Terra di mezzo” un’opportunità per far prevalere in quel luogo i propri interessi rispetto ai progetti di tanti, si videro contrapporre la logica del bando, dell’appalto, della cordata. Pratiche, come apprendiamo di verbali dell’inchiesta giudiziaria, che di per se’ sono proprie dell’economia di mercato, ma in realtà da anni a Roma e dintorni erano lo strumento principe dell’inciucio che porterà, di lì a poco, anche alla spartizione della CAE tra la destra politicamente più aggressiva di Alemanno e la ‘realpolitik’ di alcuni pezzi della sinistra e delle relative propaggini economiche.

    La cordata improvvisata e anomala che strappa la CAE alle numerose realtà dell’economia sociale e solidale che stavano da anni definendo insieme il percorso e la destinazione d’uso di quello spazio, denigrando e deridendo il trasparente e onesto percorso, vede operare insieme realtà economiche storiche del centro sinistra e astri nascenti dell’economia predatoria del centro destra. Abbiamo visto nascere e denunciato a mezzo stampa l’accordo raggiunto tra AIAB Lazio, Agricoltura Nuova, Cooperativa 29 giugno ed il braccio economico e sociale della destra rampelliana alla quale l’assessore ai lavori pubblici di allora faceva riferimento, ovvero la cooperativa Integra.

    Un copione antico da prima repubblica e da spartizione di potere che ora non si potrà più nascondere dietro il volto ed il lavoro dei molti produttori ecocompatibili o biologici che con onestà e trasparenza hanno in quegli anni aiutato la Città dell’altra economia a divenire un punto di riferimento per molti romani. Utilizzare la loro faccia per nascondere agli occhi dei cittadini un accordo sporco e lesivo dell’immagine e della storia dell’economia sociale e solidale di questa città è stato offensivo ed arrogante.

    Quando in alcuni ci opponiamo con sdegno e disgusto a questa pratica, riceviamo in cambio ampia solidarietà dalle realtà sociali cittadine e dalle migliaia di persone che avevano appoggiato il nostro tentativo, e alla nostra richiesta di dialogo ci viene, all’improvviso, risposto con uno sgombero di polizia, improvviso e immotivato, che ancora vede 12 persone accusate in modo ridicolo di “occupazione a scopo abitativo”, come se quegli spazi di vendita ed esposizione potessero magicamente trasformarsi in eleganti villette unifamiliari.

    Oggi all’interno del Consorzio che gestisce la Città dell’Altraeconomia c’è una cooperativa il cui presidente è indagato per reati mafiosi e fu uno dei protagonisti di quel patto di spartizione. La stessa persona è vicepresidente del Consorzio di Gestione della CAE, guidato da Aiab Lazio.

    Chi a suo tempo denunciò politicamente questa arroganza può oggi continuare a tenere alta la testa, perché nelle pagine dell’ipotesi accusatoria si arriva a elencare la CAE tra quelle realtà cooperative nelle quali, molto probabilmente, venivano “risciacquati” i proventi delle attività illecite della Mafia Romana, oppure costruiti documenti ad hoc per eludere fisco e legalità. Le attività giudiziarie dimostreranno se l’ipotesi è fondata, ma la sola citazione della CAE attuale tra pagine tanto inquietanti deve portare tutti quelli che, nella società e nelle istituzioni competenti credono necessaria un’altra economia, come strumento di un’altra società, di un futuro diverso per tutte e tutti, a fare le proprie considerazioni su che cosa, prevedibilmente, sia diventato quello spazio oggi, sulla validità formale e sostanziale dell’atto amministrativo che gli ha dato il presente che conosciamo, e ad agire di conseguenza.

    E’, questo, l’ennesimo segnale per il mondo dell’economia sociale e solidale a Roma, che da anni e anche nei tempi recenti viene utilizzato dalla politica come vetrina per le proprie iniziative promozionali ed elettorali, oggetto di feste, fiere, siti web e ricerche pompose, di cui da anni diciamo di non aver bisogno, per essere, il giorno dopo, abbandonato e privato di ogni sostegno e ragionamento condiviso. Un allarme, che da oltre un anno stiamo segnalando anche alle attuali amministrazioni regionali e comunali, con poca fortuna, che deve fare riflettere loro come tutte le nostre esperienze, tutti coloro che per costruire un altro modello di economia non si piegano ad accettare il compromesso con un’economia predatoria e accentratrice ma che per questo hanno pagato e pagano un prezzo politico e materiale talmente alto che ha portato, a volte, alla cancellazione stessa di alcune esperienze.

    E’ il momento, questo, di fare chiarezza. Di scegliere da che parte stare. Di dichiarare e, conseguentemente, agire per archiviare le pratiche del malaffare che hanno contaminato il nostro mondo. Chiediamo a tutte e tutti, nella società e in quel che resterà in piedi nelle istituzioni cittadine, di fare un passo avanti insieme, di censurare pubblicamente chi, nella politica e nell’economia sociale e solidale, si è prestato all’inciucio per prevalere sugli altri utilizzando la leva dell’arroganza e della violenza del malaffare cittadino. E di riaprire un cantiere partecipato di ragionamento e proposta su che cosa vuol dire fare Altra economia in città, e nell’Italia intera, emarginando tutto quello che si è confermato agire e pensare come il peggio della vecchia speculazione che siamo nati per superare.

     

    Laboratorio Urbano Reset è promosso da: Ass. A Sud, Ass. La Strada, Ass. Nuova Bauhaus, Ass. Reorient, Ass. Solidarius, Energetica soc.coop., FairWatch, Occhio del Riciclone, TERRE coop., Laboratorio Itinerante della decrescita, Cooperativa Agricoltura sociale Capodarco, Coop Equobio, Ciclofficina Nomade Gazometro Cooperativa Binario Etico

    Per info lab.urb.reset@gmail,com

  • Cucinieri di strada al Vag

    Cucinieri di strada al Vag

    martedì 2 dicembre

    al mercatino di Vag

    Cucinieri Di Strada

    presentano

    Zuppa col Cavolo

    Tortino Sale in Zucca

    prezzi popolari

    prodotti di CampiAperti

    in caso di maltempo l’evento verrà spostato al martedì successivo

  • RIMAFLOW E MONDEGGI: UNA FABBRICA E UNA FATTORIA SENZA PADRONI, UNO SPAZIO “FUORIMERCATO”

    RIMAFLOW E MONDEGGI: UNA FABBRICA E UNA FATTORIA SENZA PADRONI, UNO SPAZIO “FUORIMERCATO”

    Non potevamo non incontrarci, non potevamo non condividere un percorso di lotta per un’alternativa economica e sociale. E la rete di Genuino Clandestino ha posto le condizioni per la sua concretizzazione.  Una pratica di autogestione e di democrazia diretta, una produzione che guarda all’ecologia e si pone in contrasto con le logiche del Mercato, un progetto per ‘chiudere’ la filiera sul nodo tuttora irrisolto della circolazione e distribuzione dei beni prodotti: questo è lo spazio ‘fuorimercato’ in cui la fabbrica recuperata RiMaflow di Trezzano sul Naviglio e Mondeggi Bene Comune concordano di concentrare gli sforzi nel prossimo periodo, in una logica di mutuo soccorso. RiMaflow, dopo aver costruito nel corso degli ultimi due anni molteplici attività in una sorta di ‘cittadella dell’altra economia, è oggi in una fase di definizione dei rapporti con la proprietà dell’area, puntando alla regolarizzazione dell’occupazione per passare alla produzione industriale in base al modello delle fabbriche argentine in autogestione.
    Mondeggi, dopo l’avvio del presidio contadino con la tre giorni di fine giugno e varie iniziative che hanno ottenuto il risultato che l’asta per la messa in vendita dell’area demaniale andasse deserta, ha avviato la produzione coinvolgendo il territorio nella difesa di un bene comune, anche attraverso il lavoro degli orti sociali e del recupero di vigneti e oliveti.
    Ora, insieme ad altre realtà con pratiche convergenti come Sos Rosarno, Caicocci Terra Sociale, Netzanet di Bari e tante realtà che
    appartengono in primo luogo al circuito di Genuino Clandestino, si tratta a nostro avviso di dar vita a nodi/piattaforme logistiche che
    colleghino città e campagna in modo radicalmente alternativo alla Grande distribuzione organizzata, che strozza la piccola produzione contadina, distrugge l’ambiente e la biodiversità, avvelena la terra e il cibo con ogm e pesticidi.
    RiMaflow e Mondeggi concordano anche sulla necessità di aprire un cantiere per discutere le forme di un'<economia fuorimercato> che, pur non essendo oggi alla portata per il numero ancora limitato di esperienze (che quindi abbiamo come primo compito di moltiplicare), è il nostro obiettivo: noi quel film lo vogliamo vedere e lo diciamo fin d’ora. Fuorimercato, senza padroni e contro i padroni.
    RIMAFLOW, fabbrica recuperata
    MONDEGGI BENE COMUNE, fattoria senza padroni

    27 novembre 2014

    www.facebook.com/mondeggi.benecomune [1]

    www.rimaflow.it [2]

  • CICLO DI INCONTRI “SALUTE LIBERTARIA”

    CICLO DI INCONTRI “SALUTE LIBERTARIA”

    LA’BAS, VIA ORFEO 46 (bo)

    MER 26 NOVEMBRE: VIZI E MALANNI D’INVERNO
    prevenire e curare influenze, raffreddori, ECCESSI
    ALIMENTARI, etc. semplicemente ed autonomamente

    mer 3 dicembre: ERBE ED ACQUA
    come prepararsi tisane, pediluvi, vapori, bagni, etc.
    con erbe, ortaggi e sale

    mer 10 dicembre: AUTOGESTIONE DELLA SALUTE
    QUAL’è IL VERO SIGNIFICATO DI SALUTE, STRUMENTI PER AUTOGESTIRLA
    INCONTRI TEORICO/PRATICI A CURA DI BARBARA PISA (ERBORISTI “STRULGADOR” DI
    CAMPI APERTI); PARTECIPAZIONE APERTA A TUTTI AD OFFERTA LIBERA
    RITROVO ORE 21 PRESSO BANCHETTO “STRULGADOR” NEL PIAZZALE DEL MERCATO (GLI
    INCONTRI SI SVOLGERANNO AL COPERTO!)
    INFO: BARBARA 3248395063 E 3471491047

  • dibattito sul commercio equo – la risposta di Wlado

    Onestamente non ho contatti con Libero Mondo. Credo che la bottega di via Guerrazzi venda anche i loro ( o solo i loro ) prodotti, non saprei. Posso anche provare a passarci…

    A Roberta dico che non so se la mia visione sia euro centrica. Sicuramente è partigiana e faziosa, nel senso che influenzata dalle notti passate nei magazzini della gdo.
    Facendo il facchino, in effetti, non ho conosciuto i contadini del sud del mondo, ma i facchini del sud del mondo che lavorano nelle piattaforme logistiche della periferia bolognese.
    E ho condiviso con loro sfruttamento, umiliazioni, rabbia, lotte e… poche gioie.
    Si, insomma, vorrei dire che anche le mie posizioni, da anni critiche nei confronti dell’equo solidale distribuito negli iper e super mercati…anche loro forse hanno la dignità e il diritto di essere considerate frutto di “ecomomia di relazione”, così come le vostre. Solo che avvengono fra un muletto e una pila di bancali; sotto al freddo di luci al neon e urla dei caporali.
    Forse ragionamenti simili ai miei li fanno compagn* del crash! influenzati dalle notti passate ai presidi fuori dai cancelli e le manganellate prese dai birri.

    Insomma son convinto che i prodotti equo e solidali, transitando in quei luoghi di sfruttamento urbano che sono i capannoni della gdo, assorbono la negatività di quei luoghi, come un aurea negativa…un’aura politicamente negativa!
    Comunismo mistico? 😉

    Può essere che ci siano anche altri co produttori che la pensano come me (ma magari siam quattro gatti o son solo io) e che allora i mercati di campi aperti potrebbero offrire entrambe le possibilità: equo che si compra anche in gdo e equo che in gdo non si compra, lasciando la scelta consapevole ai singoli coproduttor*. Così come per ctm è stata libera la scelta di approdare alla GdO.

    Infine credo sia interessante capire come il meccanismo ricattatorio della gdo, che conoscono bene i contadini tutti, non valga per l’equo solidale. Potrebbe essere utile per capire come contrastarlo anche per i contadini? Per capire come uscirne?

    Ps
    questo il link del caffè Malatesta che non avevo messo nella mail precedente.

    http://www.caffemalatesta.org/caffe-malatesta-perche-non-siamo-certificati-fair-trade/

    Wlado