CampiAperti

Agricoltura biologica e mercati contadini per l'autogestione alimentare

Autore: caf

  • Lettera aperta al Sindaco di Bologna Sig. Virginio Merola

    Lettera aperta al Sindaco di Bologna Sig. Virginio Merola

    Buongiorno Sig. Sindaco, mi chiamo Stefano Leonardi, sono un pensionato di 64 anni e sono nato in via Fioravanti, al n. 7, dove tuttora abita mio padre, Antonio, di 99 anni.
    Apprendo, con molta tristezza e senza comprenderne le motivazioni, che Lei e le sua giunta avete deciso di sgomberare il centro sociale XM24.

    L’unica esperienza, in questi anni, che ha ridato corpo e sapore a un quartiere inevitabilmente destinato alla scomparsa del suo patrimonio di storia, di resistenza e di cultura proletaria.

    Quando ero piccolino il mercato ortofrutticolo rappresentava un punto di riferimento, di aggregazione e di vita.

    Si vedevano arrivare alla mattina presto i “ fruttaroli” con i carretti con i cavalli per comperare la frutta e la verdura che poi avrebbero rivenduto nelle loro botteghe, arrivavano anche dalla provincia. La sera prima erano arrivati i camion con la frutta dalla Sicilia, dalla Calabria, dalla Puglia, dalla Campania.

    Sotto casa mia, proprio di fronte a quella che è adesso Liber Paradisus, c’era il bar Bruno, dove si trovavano tanti abitanti della zona. Operai (molti di loro erano ex Partigiani), gente del quartiere, i camionisti che venivano dal sud ed anche noi bambini – c’erano i gelati sfusi Sammontana… (un cono da 10 lire….).

    Dove c’è adesso il palazzo ex Telecom – sciaguratamente sgomberato anch’esso nonostante avesse espresso un’esperienza estremamente positiva- c’era la fabbrica dell’ACMA, una fabbrica di macchine automatiche i cui operai erano modello ed esempio per noi bambini. Posso dire che sono diventato Comunista grazie a loro. Dopo tutto non era passato poi molto tempo dalla fine della guerra, e la maggioranza degli operai delle fabbriche bolognesi era comunista, molti operai venivano da esperienza partigiana e di Resistenza.

    All’angolo di via Fioravanti con via Gobetti c’era un deposito dove un signore raccoglieva carta e cartone.

    Un chilo di carta o cartone lo pagava 5 lire. Così, siccome eravamo tanti bambini e tutti poveri, nei pomeriggi d’estate ci organizzavamo e andavamo a raccogliere ovunque nel quartiere carta e cartone. In un pomeriggio riuscivamo a raccoglierne anche 20 o 30 chili. Con i soldini che ricavavamo, più o meno 150 lire, andavamo al mercato ortofrutticolo e compravamo un’anguria che mangiavamo, con gioia e soddisfazione, spesso nel capannotto del maniscalco (sì, perché dentro il mercato c’era il maniscalco, che ferrava i cavalli che trainavano i carretti che venivano a
    prendere la frutta). Tempus fugit…

    All’angolo di via Fioravanti con via Carracci c’è ancora quel grande palazzo bianco, il palazzo della Banca, così era chiamato. Ci abitavano i dipendenti di una banca, non ricordo quale. Il problema era che i cortili erano in comune. Noi di via Fioravanti e quelli di via Carracci eravamo tutti poveri mentre quelli della “banca” erano sicuramente più ricchi di noi. Ma quando si è bambini queste cose non hanno nessuna importanza e di fatto noi giocavamo tutti assieme senza nessun problema. Solo dopo un po’ di tempo venimmo a sapere dai ragazzini “figli di quelli della banca” che i loro genitori gli avevano detto di non giocare più con noi perché noi eravamo gli “ zingari “.

    Mi scusi, Signor Sindaco, per queste riflessioni e ricordi estemporanei, ma con quale motivazione lei intende sgomberare l’unica esperienza degli ultimi 30 anni in Bolognina che si ricollega perfettamente allo spirito di
    fratellanza, libertà e solidarietà che questo quartiere rappresenta.

    L’XM24 si basa su questi principi. Quando ho iniziato a frequentarlo ne ho apprezzato lo spirito – che mi ricordava proprio quello che vivevo io da bambino – e l’idea che lo guida.

    Accoglienza, fraternità, solidarietà.

    I ragazzi di Campi Aperti con i loro prodotti, la Signora di Reggio che cucina divinamente, potersi bere una birra facendo conoscenze e incontri culturalmente produttivi e tanto altro.

    Perché porre fine alla continuazione di una storia che è solo positiva, ricca e stimolante?

    Per far contento Mazzanti? Per interessi “altri”?

    La prego di cuore, non si renda complice di un omicidio culturale come la chiusura di XM24.

    Non alimenterebbe altro che odio e rancore nei suoi confronti. A partire da me.

    Stefano Leonardi

    Nato e cresciuto in via Fioravanti

    firma l’appello http://chng.it/rgw6BPxRRS

  • GRAZIE!

    GRAZIE!

    GRAZIE A TUTTE E A TUTTI coloro che ci hanno aiutato a diffondere l’annuncio e soprattutto un grande GRAZIE a chi, giovedì scorso, è andato a rinfoltire la schiera dei co-produttori di piazza dei Colori. E non eravate pochi.
    L’invito adesso è di tenere botta e continuare a fare la spesa in quel luogo affinché, anche nelle aree popolari di periferia, si possano costituire nuclei di resistenza alimentare.
    CampiAperti

  • AAA Co-produttori Combattivi Cercasi

    AAA Co-produttori Combattivi Cercasi

    Abbiamo bisogno di aiuto.

    Dal 2017 abbiamo aperto il mercato di piazza dei Colori, zona via Mattei, con la consapevolezze che non sarebbe stato un mercato facile. In questi due anni abbiamo toccato con mano il gap che esiste tra i mercati del centro, che possiamo definire floridi, e quelli delle periferie, che invece stentano e sono sempre di più a rischio chiusura. Ovviamente questo succede per precise ragioni socio-economiche ed è il sintomo di una polarizzazione sociale particolarmente vasta e profonda. Ebbene, noi non vogliamo arrenderci a questa deriva e faremo di tutto per tenere la posizione di piazza dei Colori finché ci sarà possibile, perché pensiamo che le zone depresse della città siano quelle in cui c’è più bisogno di proposte alternative al sistema alimentare industriale.

    Pertanto facciamo un appello di arruolamento ai co-produttori combattivi:

    care e cari,

    chiediamo a chi può, a chi è comodo oppure chi ha semplicemente voglia e tempo per sostenerci in questa battaglia di venire a fare la spesa regolarmente il giovedì pomeriggio, dalle 17,30 in piazza dei Colori. Battaglia che ha l’obiettivo di riuscire a continuare a fare quel mercato nel tempo. Cercheremo di garantire il massimo dell’offerta con la sperimentazione di un banco di CampiAperti che avrà in vendita i prodotti di molte aziende agricole del nostro circuito.

    Considerate che 5 nuovi acquirenti sarebbero per noi già qualcosa, con dieci respireremmo meglio, mentre trenta ci cambierebbero proprio la vita.

    Aiutateci a resistere!

    CampiAperti per la Sovranità Alimentare fino alla Vittoria

  • CANAPA LIGHT: PERSA UNA BATTAGLIA, LA LOTTA CONTINUA

    CANAPA LIGHT: PERSA UNA BATTAGLIA, LA LOTTA CONTINUA

    Gli organi di disinformazione di massa hanno colpito ancora.
    
    Ieri la corte di cassazione riunita a sezioni unite ha stabilito che la vendita di derivati di canapa in particolare oli, resine, infiorescenze, foglie non rientra nell’applicabilità della legge 242/16; in caso di vendita al pubblico (il che significa che la vendita B2B di qualsiasi derivato di cannabis è ancora soggetta alle salvaguardie della 242/16) va applicata la legge 309/90 e considerato reato salvo che i prodotti siano privi di efficacia drogante, quindi con un THC al di sotto dello 0,5%.
    
    Riassumendo: qualsiasi derivato di cannabis con un THC pari o inferiore allo 0,5% non è considerato sostanza drogante e quindi la sua cessione  e la sua detenzione non costituiscono reato. Non vi è alcuna legge dello stato che legifera e permette la vendita di derivati di cannabis al pubblico, salvo quelli elencati “dettagliatamente” nella legge 242/16  che legifera e permette la coltivazione di Cannabis Sativa L. per diversi usi tra i quali il florovivaismo, quindi vendita di piante ornamentali e (in contrasto con questa sentenza della cassazione) fiori recisi ornamentali, come peraltro stabilito dalla circolare del ministero dell’agricoltura del 23/05/2018 (https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/12649).
    
    La sentenza di ieri aumenta il clima di incertezza e la vulnerabilità dei coltivatori di Cannabis, ha peggiorato la situazione di vuoto normativo nella quale ci troviamo. Ribadisce concetti già presenti nella giurisprudenza (limite 0,5%), non chiarisce quando si applica la 242/16, dichiarandola una legge che indica dettagliatamente i prodotti che si possono ottenere dalla coltivazione della cannabis; quando è ovvio che se si è arrivati a richiedere questa sentenza è proprio per la mancanza di chiarezza della 242/16.
    
    I giudici hanno deciso di non decidere e i giornali hanno interpretato a modo loro la non decisione.
    
    Vendere cannabis e suoi derivati con un THC inferiore allo 0,5% non è mai stato reato, a prescindere dalla provenienza del prodotto.
    
    Nulla di nuovo, oggi sul mercato si trovano prodotti non conformi alla 242/16, perché non provenienti da varietà certificate e importati dall’estero, ma siccome rispettano il limite dello 0,5% di THC e quindi la vendita non costituisce reato non sono mai stati tolti dal commercio.
    
    Con questa sentenza si elimina la distinzione tra un prodotto venduto al pubblico coltivato seguendo la 242/16 e un prodotto qualsiasi con THC inferiore allo 0,5%.
    
    La conseguenza più grave è che la decisione presa ieri dalla cassazione potrebbe dar luogo all’interpretazione che i cotivatori che vendono direttamente il proprio prodotto non sono più tutelati dalla 242/16 che in qualunque caso di sforamento oltre lo 0,6% di THC non imputa alcuna colpa al coltivatore e ha come unica conseguenza la distruzione del raccolto.
    
    In questo modo viene attaccata la vendita diretta.
    
    I piccoli produttori di fronte al rischio di venir imputati per spaccio smetteranno di vendere direttamente, cosa che con i prezzi stracciati del mercato all’ingrosso permetteva la sopravvivenza di molti.
    
    Verrà lasciato spazio solo alle aziende di medie o grandi dimensioni che possono permettersi di mettere a costo migliaia di euro di spese legali, il prezzo finale dei prodotti di conseguenza aumenterà per via dei maggiori costi di produzione e della minor concorrenza.
    
    Ora le strade sono tre: o si intaseranno i tribunali con processi che arriveranno tutti all’assoluzione, o verrà legiferata la vendita di derivati di Cannabis sotto lo 0,5% di THC o si farà finta di niente e si continuerà a vendere profumatori per ambiente e oggetti da collezione “privi di efficacia drogante”.
    
    Giacomo “Canva”
    
  • SGOMBERO XM24: NOI NON CI STIAMO!

    SGOMBERO XM24: NOI NON CI STIAMO!

    SGOMBERO XM24: NOI NON CI STIAMO!
    Lettera aperta al Sindaco, alla Giunta Comunale, al Consiglio, al Presidente del Quartiere Navile, alla città tutta.
    In un periodo storico caratterizzato da politiche retrive e violente, nel nostro paese come altrove, Campi Aperti non ci sta!
    Dichiariamo ora, dopo mesi passati a cercare una soluzione per la vertenza XM24, che se alla fine dovesse concretizzarsi l’idea dello sgombero dello spazio attualmente in uso da parte dei tanti collettivi che animano XM24, ci troverete schierati, come due anni fa con lo sciopero dei mercati, a fianco del Centro Sociale.
    Non è imitando le politiche liberticide della maggioranza governativa nazionale che la questione XM24 può essere portata a conclusione.
    Non è chiudendo uno dei pochi spazi di libera espressione e reale autogestione rimasti in città che il nostro territorio si arricchirà. O che ne verranno rimosse le tante contraddizioni sociali ed ambientali. Anzi!
    Campi Aperti è nata dentro e grazie ad XM24. Così come altre realtà, dentro quello spazio ci siamo trovati, abbiamo avviato il nostro percorso, ci siamo sperimentati, siamo cresciuti e rafforzati e ora rappresentiamo un punto di riferimento per migliaia di cittadini che nei nostri mercati trovano la possibilità di nutrirsi in modo sano e accessibile, informarsi, cooperare ad un futuro di sostenibilità e solidarietà concreta. Per non parlare dello sviluppo di tante realtà produttive che arricchiscono il territorio provinciale e regionale.
    Senza XM24 non ci sarebbe Campi Aperti. E questo lo sosteniamo nonostante i nostri spazi non siano in discussione e il nostro mercato, in virtù della convenzione che ci lega all’amministrazione, non sia a rischio di delocalizzazione. Lo diciamo perché ad XM ci legano non solo le nostre radici, ma anche tante pratiche e tanti ideali.
    Siamo stati a fianco di XM24 due anni fa, quando è arrivata la notifica di sfratto e lo saremo ancora per difendere la libertà di espressione e quel modello di autogestione. Modello che non è comprimibile negli spazi che ora si vorrebbero assegnare al centro sociale. Spazi che sono sempre stati dichiarati inadeguati e insufficienti, in ogni incontro svolto coi rappresentanti delle istituzioni cittadine.
    Sappiamo che non è semplice, per chi è abituato alle rigide logiche amministrative, rapportarsi con esperienze, schemi e modelli relazionali improntati all’autogestione, ma la nostra vicenda, così come quella di XM24, testimonia che proprio da modelli anticonvenzionali nascono successi sociali capaci di cogliere le esigenze reali della comunità. Cosa che, purtroppo, non si può sempre dire dei percorsi istituzionali.
    Chiediamo dunque che il rapporto tra il Comune e XM24 continui a cercare una soluzione che garantisca la prosecuzione dell’esperienza di questo centro sociale che ha sempre animato la vita del quartiere, spesso offrendo servizi gratuiti che l’amministrazione non era in grado di offrire, sempre garantendo a tutti uno spazio in cui realizzare idee e praticare solidarietà verso persone in difficoltà e magari emarginate dalle dinamiche liberiste e antidemocratiche che tanto drammaticamente stanno caratterizzando questo periodo storico.
    Noi siamo ovviamente disponibili a collaborare all’individuazione di queste soluzioni. Perché siamo e saremo sempre a fianco di XM24
    aSS. cAMPI aPERTI

  • CAMPIAPERTI ALLA FAO  PER L’APERTURA DELLA DECADE DELL’AGRICOLTURA FAMILIARE

    CAMPIAPERTI ALLA FAO PER L’APERTURA DELLA DECADE DELL’AGRICOLTURA FAMILIARE

    Breve report di Germana

    Ciao! È finita la prima giornata, vi scrivo solo poche impressioni a caldo.
    Mi sono persa più volte nel palazzo ma alla fine sono riuscita a seguire gli incontri. Purtroppo non capisco l’inglese di chi lo parla troppo bene, quindi veloce, o troppo male, quindi mi sono persa qualcosa, ma tutto
    sommato le cose principali le ho capite. Hanno presentato il piano di azione globale per la decade, suddiviso in sette pilastri, in cui dicono che dobbiamo fare quello che noi di CampiAperti già facciamo da anni. Hanno detto che l’agricoltura contadina è la base della sicurezza alimentare del pianeta, della lotta alla fame, dell’agenda 2030, dello sviluppo sostenibile, della lotta ai cambiamenti climatici, della salute, della giustizia ecc.ecc. Che quindi saremo al centro di tutta la politica agricola dell’ONU e della FAO.
    Però non ho capito in pratica se e come qualcuno ci darà una mano a continuare il nostro percorso…
    Stamattina ho sentito parlare delle donne indiane che mi hanno veramente colpita per la loro forza, intelligenza e chiarezza nel rivendicare il ruolo delle donne e dell’agroecologia, bravissime. Ho parlato con altri italiani dei motivi che hanno spinto la FAO ad intitolare la decade all’agricoltura familiare e non all’agricoltura contadina e mi hanno detto che la Via Campesina aveva chiesto che si intitolasse all’agricoltura contadina ma motivi politici a me oscuri avrebbero portato a questo compromesso. Detto questo vi riassumo i sette pilastri, sette come i sette re di Roma, i sette colli, i sette nani.
    1. Sviluppare un ambiente politico capace di rafforzare l’agricoltura familiare.
    2. Supportare i giovani e assicurare la sostenibilità generazionale dell’agricoltura familiare.
    3. Promuovere l’equità di genere nell’agricoltura familiare e il ruolo di leader delle donne rurali.
    4. Rafforzare le organizzazioni contadine e la loro capacità di generare competenze, rappresentare le esigenze dei contadini e provvedere ai servizi nelle aree rurali.
    5. Migliorare l’inclusione socioeconomica, la resilienza e il benessere dei contadini e delle comunità rurali.
    6. Promuovere la sostenibilità dell’agricoltura familiare per un sistema alimentare resiliente nei confronti dei cambiamenti climatici.
    7. Rafforzare la multidimensionalità dell’agricoltura familiare per promuovere il contributo socialmente innovativo allo sviluppo territoriale e ad un sistema alimentare che salvaguardia la biodiversità, l’ambiente e
    la cultura.
    Amen!

  • PROPAGANDA SULLA FIBRA DI UNA PIANTA

    PROPAGANDA SULLA FIBRA DI UNA PIANTA

    Le affermazioni dei politici conservatori che vorrebbero vietare la vendita delle infiorescenze di cannabis (con thc inferiore allo 0,6%) lasciano il tempo che trovano. Le attività che producono e vendono derivati della canapa lo fanno seguendo normative specifiche che disciplinano il settore e sono soggette ai controlli che le leggi prescrivono. Per cambiare una legge c’è bisogno della votazione del parlamento, un governo può fare molto poco senza passare dal parlamento e le banali circolari (del 31/07 e del 9/05)  emanate in merito dal ministero dell’interno dimostrano la sua impotenza. Fa come al solito propaganda elettorale (e nel caso specifico non gli è andata neanche tanto bene, considerando che l’argomento è stato dibattuto sui media per 24 ore e poi è caduto nel dimenticatoio). Le leggi le fa il parlamento, i giudici le interpretano e i politici (nessuno escluso) blaterano. Una volta che la legge 242/16 è stata emanata e permette la produzione di canapa ad uso florovivaistico spetta solo ai giudici di cassazione interpretarla nel momento in cui viene messa in dubbio la legittimità della vendita di derivati della canapa da parte di qualche procuratore o questore arrivista. Fino ad oggi i processi per sequestri di derivati di canapa sotto lo 0,6% di THC che sono arrivati in cassazione hanno avuto esiti positivi e la merce è stata dissequestrata, in un paio di casi (su decine) è stata dichiarata la legittimità della vendita solo fino allo 0,2%. L’interpretazione della legge da parte della giurisprudenza è quindi ciò che realmente conta. Per ovviare alla discrezionalità dell’ interpretazione della 242/16 da parte di ogni sezione di cassazione i giudici si riuniranno il 31 maggio corrente a “sezioni riunite” per stabilire un indirizzo di interpretazione valido per tutte le sezioni di cassazione, riguardo la commercializzazione dei derivati di canapa con THC fino allo 0,6%. I lavoratori del settore sono generalmente ottimisti riguardo questa sentenza, perché (come si sono già espresse la maggior parte delle sezioni di cassazione) sarebbe illogico stabilire la vendita fino allo 0,2% quando la novità fondamentale apportata dalla legge 242/16 è stata proprio la creazione di una soglia di tolleranza fino allo 0,6%, per permettere ai coltivatori italiani di poter lavorare (nel sud europa il thc sale per via della maggior esposizione ai raggi ultravioletti), inoltre sarebbe illogico interpretare una normativa il cui fine è stimolare la produzione di canapa, considerando illecita la vendita del prodotto che la normativa intende promuovere. Il processo di legalizzazione di questa pianta è cominciato ed è inarrestabile, ciò che prima era parte di una “sottocultura” e connotato da valori ideologici oggi sta diventando conosciuto ed apprezzato anche dagli appartenenti alla “cultura dominante” che fino a ieri erano accecati dai pregiudizi dettati dall’ignoranza e dalla propaganda proibizionista. Come il caso statunitense insegna ciò che influenzerà maggiormente le scelte dei politici nell’attuazione della liberalizzazione della Cannabis sarà l’enorme profitto per le casse dello stato che la legalizzazione si porterà dietro. Per questo anche questo processo di legalizzazione può essere un freno alla vera liberazione di questa pianta. Vi è il rischio che da prigioniera del proibizionismo passi ad essere schiava del capitalismo. I mercati di Campi Aperti e l’autoproduzione fungono da freno a questa deriva.
    Giacomo “Canva”
  • Sull’utilizzo del termine Sovranità in Campi Aperti

    Sull’utilizzo del termine Sovranità in Campi Aperti

    Da 16 anni Campi Aperti, Associazione per la Sovranità Alimentare, utilizza la parola “Sovranità”, scelta con la volontà di mettersi in relazione con quella rete di mobilitazioni promosse principalmente dai Social Forum e dalla Via Campesina Internazionale, che denunciavano gli squilibri sociali ed ambientali legati alla globalizzazione del commercio del cibo. “Sovranità” in Campi Aperti si riferisce in modo diretto alla questione della Sovranità Alimentare, ma possiede anche altre accezioni (ci torneremo sotto).

    Eppure, da qualche anno il termine “Sovranità” è stato ripreso e sempre più utilizzato da alcune compagini politiche specifiche. In Italia, in particolare, “Sovranità” era il nome di un’Associazione politica che vedeva formalizzare l’alleanza tra Lega Nord e CasaPound nata nel 2014/2015, e velocemente inseritasi nella rete di Associazioni e partiti che si sono mossi dietro lo slogan di “Noi con Salvini” (2015/2016). Più recentemente, con il termine “Sovranismo” si è andato delineando quello che viene rappresentato come un nuovo orizzonte politico, legato in particolare ad una retorica di opposizione al processo di integrazione Europea.

    Ma cosa intendono con “Sovranità” queste compagini politiche? Il Sovranismo è un’ideologia politica che si articola su alcuni principi specifici:

    • parla di Nazione (dunque di confini) /non di terra/ non di natura;
    • parla di Cultura (come eterna e tradizionale) / non di pratiche;
    • parla di Proprietà e diritti (escludenti) / non di mutualismo / non di condivisione.

    La “Sovranità” di cui parlano Lega & Co è razzismo e deriva integralista. Nasce assieme alla retorica di opporre alle istituzioni che governano l’integrazione europea una nuova valorizzazione dei singoli Stati Nazionali. In questo senso è da leggere l’utilizzo del termine “Sovranismo”: come tentativo di riappropriazione da parte dei singoli Stati Nazionali delle decisioni che riguardano i processi economici, politici, sociali. Dunque la “Sovranità”, in quest’ottica, non è detenuta dalle persone, non dalle comunità locali, bensì dagli Stati e dalle Nazioni: si oppone dunque l’élite burocrate europea all’élite politica del singolo Stato (qui: italiano).

    Il Sovranista vede non un territorio, un paese, i suoi abitanti. Vede invece una Nazione, circoscritta da determinati Confini Statali (storicamente determinati). Associa poi ad un territorio una storia precisa che è quella della formazione dello Stato Centrale Moderno. A questa Nazione, governata da uno Stato, i Sovranisti associano un’immagine reificata dei processi culturali rinchiudendo la cultura nella sua rappresentazione, costringendo la cultura all’interno di una cornice di rappresentazione del sé in ottica nazionalista, tradizionalista e identitaria. Infine, il Sovranista crede che il diritto decisionale sul territorio di una Nazione sia priorità di quelle persone che per nascita vengono associate ad una certa cultura.

    Tutto questo è riconducibile a un’ideologia politica specifica, dove “Sovranità” è legata a identità, razzismo, proprietà, esclusione. È legata allo Stato e al suo monopolio verticista sulla terra. E alle divisioni che si cerca così di creare tra persone di differenti origini. Si potrebbe anche dire che Lega, CasaPound, Fratelli d’Italia e altri stiano utilizzando il termine Sovranità e Sovranismo come sostituti, quasi fossero un sinonimo, di una parola storicamente troppo connotata: fascismo.

    Al contrario, per Campi Aperti “Sovranità “significa che:

    • la terra è un bene comune e le decisioni che la riguardano devono essere prese dalle comunità locali che la vivono, che la abitano, che la lavorano. (per comunità locale intendiamo quella formata dalle persone che vivono in un luogo e che hanno sempre diversa provenienza, origine, storia, religione ecc.)
    • la terra è nel mondo, e i soli confini che vediamo sono quelli tra i fiumi, i monti, gli oceani, le pianure e gli alberi;
    • la cultura è una Pratica, non è legata alla nascita ma alle Relazioni tra le persone. La cultura di Fa, non si custodisce.

    In conclusione “Sovranità” per Campi Aperti è intesa come diritto naturale delle comunità territoriali, di qualsiasi tipo e di qualsiasi dimensione, di auto-organizzarsi autonomamente per provvedere ai propri bisogni fondamentali, a partire dalla necessità di poter accedere ad un cibo buono, sano, culturalmente adeguato, prodotto nel rispetto della Natura in tutte le sue manifestazioni, in un sistema di relazioni basate sulla giustizia, la solidarietà e la cooperazione tra tutti i soggetti coinvolti nei cicli di produzione/consumo.

    Questa visione è antitetica e antagonista all’idea di “Sovranità” in senso nazionale, identitario, tradizionalista e proprietario. Uno stato-nazione forte, che promuove un’idea di popolo come gregge rinchiuso nel grande recinto nazionale, da custodire e governare, è la principale causa di soffocamento delle esperienze di autodeterminazione popolare di cui ci sentiamo parte. Sono i Sovranisti, di qualsiasi colore, che devastano i territori (TAV, TAP, MOUS, basi militari, grandi opere, grandi eventi ecc.) in nome di un presunto primato nazionale calpestando, letteralmente, le comunità locali che non si piegano ai diktat del governo centrale.

    Quindi il nazionalismo sovranista è il nostro principale nemico.

    Ci tenevamo a precisare.

  • ONU sui diritti dei contadini

    ONU sui diritti dei contadini

    Il 17 dicembre del 2018, dopo un lungo iter sollecitato e seguito dalla Via Campesina, l'assemblea generale dell'ONU ha approvato  a grande maggioranza la Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei contadini. Contrari Stati Uniti, Israele e Australia, astenuti molti paesi europei, tra cui l'Italia. Abbiamo incontrato questo documento interessandoci della questione sementi. Visto che a breve verrà inaugurata dalla FAO la Decade dell'agricoltura familiare ci si porrà l'opportunità di costruire nel prossimo decennio  iniziative di rivendicazione di una serie di diritti dei contadini sanciti dalla dichiarazione ONU. Sinceramente non sappiamo ancora cosa ci converrà fare, se continuare sui nostri percorsi locali  oppure provare a farci coinvolgere nell'azione delle reti contadine internazionali. Avremo modo di confrontarci e di riflettere tra noi e con tutti i soggetti a noi vicini interessati alla prospettiva della Sovranità Alimentare. Sicuramente consideriamo la dichiarazione delle Nazioni Unite molto interessante e avanzata (qui il link).
    CampiAperti
  • I PERICOLI DELLA CANNABIS

    I PERICOLI DELLA CANNABIS

    di Lorenz Strulga

    La Cannabis in Italia è sempre stato un argomento caldo da trattare.
    La scelta di vita erboristica e di autosufficienza mi è scaturita grazie alla canapa, grazie alle feste di semina e raccolto del Leoncavallo, grazie a Giancarlo Arnao, e a tutti quelli che hanno promosso la canapa libera, autoprodotta, fuori dai meccanismi economici in cui oggi troppo spesso la vediamo ingabbiata.

    Troppi poteri forti si contendono questa pianta, soprattutto in Italia: la Mafia che da decenni ci guadagna, il bigottismo cattolico che non l’accetta, le multinazionali che vorrebbero monopolizzarne le sementi,
    l’ordine dei tabaccai che vorrebbero averla tutta per loro…in più ci sono i fascisti, come Salvini.
    La Legge Mussolini-Oviglio sul controllo delle droghe del 18 febbraio 1923 (fra un po’ sono 100 anni!), è il primo atto repressivo nei confronti della canapa indiana in Italia. Da allora finirono tutte le sperimentazioni mediche che da metà ottocento andavano dilagando in tutta la penisola, con successi prodigiosi nella terapia di numerose patologie.
    Solo i Radicali con Pannella provarono ad aprire qualche spiraglio di libertà, con un referendum che non venne assolutamente considerato dal potere governante.
    Ora timidamente ci stanno riprovando i cinque stelle…
    ma l’America ha già dato il via libera alla canapa. La Monsanto sta già mettendo mani sui brevetti delle sementi, l’OMS ha spostato la cannabis non light dalla lista degli stupefacenti alla lista dei medicinali, e l’Europa
    la segue a ruota.

    E L’Italia?
    Uno dei migliori territori in cui coltivare la canapa in Europa. Lo stato con più fumatori di marijuana: dovunque vai, Amsterdam, Spagna, Marocco, India, ci son sol degli italiani a fumare canne e ciloom!
    Ma un governo preistorico, incentrato su falsi valori bigotti e malavita, non accetta questa pianta. Io credo che saremo gli ultimi a riuscire a legalizzarla, obbligati dalla necessità di adeguarci ai canoni europei.

    La cannabis light: uno spiraglio di luce verso questa mitica legalizzazione (primo passo verso la liberalizzazione), che ne sento parlare da quando ho
    14 anni.
    Cannabis light che a fumarla non fa nulla, ma piace a tantissime persone, io non credevo avesse tutto questo successo.
    Eppure fa paura, perché è la pianta spartiacque di un cambiamento culturale e spirituale alle porte.
    Il Vecchio regime teme questo cambiamento e non ci vuole dare la soddisfazione per vederlo attuato.

    Ma la Natura è più forte, ed il cambiamento avverrà inevitabilmente. C’è bisogno della canapa: per tutte le malattie autoimmuni che ci stanno paralizzando, per tutti i tumori che ci stanno divorando, per l’Alzheimer che ci sta annebbiando, per l’insonnia che ci sta schizzando, per la
    cocaina che detta il ritmo a questa società attuale.

    Salvini non mi spaventa.
    Non mi spaventano questi ciarlatani, che cosa vuoi mai? Peggio di Jervolino-Vassalli non può succedere.
    Mi spaventa di più il grosso business che c’è dietro alla produzione e vendita di sementi, ai brevetti, alla Monsanto.
    Mi spaventa di più l’estrema tecnologia che si è sviluppata per produrre queste piante, che in Italia crescerebbero quasi spontanee (parlo di
    lampade, areatori, idroponica, concimi, terricci professionali…)
    Mi spaventa di più l’approccio a questa pianta, che da ribelle com’era quando l’ho conosciuta, è diventata qualcosa di estremamente bistrattato, volgare, costoso, e lontano dalla natura e dalla libertà.

    E noi cosa possiamo fare?
    Dobbiamo spargerne i semi dovunque in modo che diventi selvatica. Dobbiamo promuovere un approccio più naturale e rispettoso con questa pianta.
    Dobbiamo farla uscire dal business (come dicevano gli ustmamò).
    Questo è importante. La liberalizzazione di questa pianta sta arrivando da sola anche senza fare niente. E’ inevitabile.

    “La Marijuana non fa niente! Speriamo non si annoi!”(Vecchio slogan del movimento hippy italiano)

    Liberala!
    Lorenz strulga